Due titoli selezionati con cura chiudono la Rassegna cinematografica di Architettura all’Arena Borghesi di Faenza, un percorso pensato per riflettere sul ruolo e sull’immagine dell’architetto nel Novecento, tra vita privata, poteri forti e ideali professionali. L’iniziativa, organizzata dall’Ordine degli Architetti di Ravenna in collaborazione con il cineclub Il Raggio Verde, ha offerto tre appuntamenti estivi rivolti non solo agli addetti ai lavori, ma a tutto il pubblico interessato a un racconto più umano e complesso della disciplina del progetto.

Un ritratto inedito di Mies van der Rohe attraverso lo sguardo delle donne

Dopo il grande interesse suscitato dal documentario Le chiavi di una storia – La Comunità dell’Isolotto di Federico Micali, la Rassegna prosegue mercoledì 30 luglio alle 21.30 con Mies van der Rohe – Le linee della vita, documentario del 2023 firmato da Sabine Gisiger (durata 90 minuti, versione originale con sottotitoli, ingresso a metà prezzo).

L’opera, rigorosa e poetica, si concentra sulla figura di Ludwig Mies van der Rohe (1886–1969), tra i padri dell’architettura moderna, noto per le sue realizzazioni in vetro e acciaio e per il celebre motto Less is more. Il documentario, tuttavia, non ne propone una lettura celebrativa, bensì una rilettura intima e originale attraverso la voce delle donne che fecero parte del suo mondo privato: la moglie Ada, le figlie Georgia, Manna e Traudel, e l’amante e collega progettista Lilly Reich.

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Ne scaturisce un racconto che intreccia l’affermazione pubblica del maestro con le fragilità e i silenzi della sua sfera familiare, in una Germania attraversata da guerre, tensioni sociali e trasformazioni profonde. L’emigrazione negli Stati Uniti nel 1938, per sfuggire al nazismo, segna una frattura anche nella sua vita personale, lasciando le donne a combattere da sole per la dignità e la sopravvivenza.

Grazie a filmati inediti, fotografie d’epoca e documenti privati, Le linee della vita restituisce una figura meno scolpita e più umana, con i suoi ideali, le sue omissioni e la sua epoca.

“The Brutalist”: architettura, potere e identità nel Novecento

La rassegna si conclude venerdì 1° agosto alle 21.15 con The Brutalist di Brady Corbet (2024, 215 minuti, versione originale con sottotitoli, ingresso a metà prezzo), opera acclamata da pubblico e critica, vincitrice di tre Premi Oscar – per fotografia, attore protagonista e colonna sonora – oltre al Leone d’argento alla Mostra del Cinema di Venezia per la miglior regia.

Protagonista del film è László Toth, architetto ebreo ungherese interpretato da Adrien Brody, personaggio di finzione ispirato a molte biografie reali di intellettuali costretti a lasciare l’Europa durante il nazismo. Allievo del Bauhaus, Toth incarna il conflitto tra idealismo creativo e compromesso con il potere. Dopo aver lasciato l’Ungheria e i suoi affetti per cercare fortuna negli Stati Uniti, si confronta con l’ambivalenza di un sogno americano che promette realizzazione ma esige adattamento.

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Nel racconto cinematografico, la dimensione familiare rimane centrale: la distanza dagli affetti, i silenzi e i sacrifici si intrecciano con le tensioni tra ispirazione artistica e pressioni economiche. Il rapporto tra architettura e potere si fa così dramma umano, riflessione sul tempo, sulla responsabilità dell’artista e sul valore della memoria.