Don Tarcisio (o trick come amava autodefinirsi alla maniera di San Paolo), non voleva essere di peso a nessuno, ma mantenersi con il suo lavoro di elettricista. La sua famiglia “i spavént” era una famiglia di umili lavoratori in quanto il nonno paterno fu uno degli scariolanti che andavo a po, come dicevano loro. Come pure la mamma Gigina, la quale dopo la morte del marito nel 1960 in un incidente sulla ferrovia Faenza – Granarolo vicino a casa, dovette andare a lavorare in una fabbrica a faenza. In tale situazione questo adolescente rimaneva spesso da solo. Ma in quel mondo rurale di contadini che tanto faticano non ci fu indifferenza.

Una famiglia vicina “i rimpé”  fu speciale e le sorelle Strocchi, la Silvana, la Marta, la Rosa e la Paola, lo ebbero come un fratello speciale. In quegli anni era arciprete di sant’Andrea don Gualtiero Betti; morto nel 1963 in un incidente stradale vicino a Russi, che come un profeta moderno ci parlava dell’imminente concilio che avrebbe cambiato la chiesa preti e laici. La presenza di don Betti fu fondamentale nella sua vita di andare in seminario. La mia famiglia, non lontana dalla casa di don Tarcisio, da sant’Andrea nel 1961 si spostò a Basiago dove conobbi mia moglie Zama Elde; ed era parroco Don Roberto Trerè che voleva bene a tutti, tutti noi ed io nell’azione cattolica, come delegata aspiranti feci quello che potevo per i ragazzi della parrocchia stessa.

Nel 1980 ci rincontrammo, perché don Tarcisio divenne nuovamente il nostro parroco. Cominciò un’altra storia durata circa 20 anni. In quel periodo andando con altri amici insieme al don, mi venne l’idea di fare il meeting d’estate durante la festa patronale di settembre. L’inizio non fu facile ma piano piano trovammo la nostra strada, aiutati anche dal nascente comitato “feste e sagre“, poi le nuove esigenze pastorali ci condussero a operare insieme a San Giovannino.

Accenno ora ad alcune attività effettuate in quegli anni: ad esempio quella gita per i ragazzi, una ventina che effettuammo a Ferrara in una chiesa dove nel 1400 avvenne un miracolo eucaristico e altre belle cose. Organizzammo la cosa in un modo originale, perché io caricai le bici dei ragazzi nel camion dei cavalli ed il don in treno con i ragazzi ci raggiunse a Ferrara, dove ci spostammo in bici durante le feste di natale. Tutto andò bene, anche se capitammo in una giornata di Galaverna a meno 7 gradi. Un’altra volta sempre con i ragazzi andammo a Bologna in treno e poi alla madonna di San Luca dove dicemmo il rosario. Un’altra volta andammo in gita a Nomadelfia, vicino a Livorno, alla comunità fondata da don Zeno Sortini. Andammo pure a triste a visitare l’ex camere a gas della riviera di San Sabba. Un’altra volta andammo in gita al lago di torre, dove in estate le acque solitamente diventano rosse, ma quella volta non lo diventarono.

Ricordo bene anche quella volta che per illuminare il nascente campo sportivo, si fece in quattro, rischiando non poco al di là di ogni norma di sicurezza. Un’idea tutta sua fu quella avuta insieme al ceramista Gaeta di realizzare con finanziamenti privati le belle vetrate colorate su tema artistico religioso, in stile forse mosaicale, che danno un tono carino e originale a questa chiesa sorta sulle rovine di un castello bizantino, distrutto nel 1080 dai faentini.

Tonino Panzavolta