Una magica notte dove l’arte prende forma per poche ore sulle vie del paese lasciando dietro sé stupore e bellezza. Il 22 giugno scorso la comunità di Granarolo faentino ha vissuto una delle sue giornate più sentite e partecipate dell’anno: la solennità del Corpus Domini, rinnovata ancora una volta attraverso la suggestiva tradizione dei tappeti di segatura colorata. Un centinaio di persone, dai bambini della materna ai nonni, ha dato vita a un’opera collettiva che unisce fede, arte popolare e senso profondo di appartenenza. A raccontarci il cuore di questa esperienza è don Claudio Platani, parroco di Granarolo dal 2019. «La giornata è iniziata con la messa presieduta dal nostro vescovo Mario Toso, seguita dalla processione che si è snodata tra i tappeti, tra disegni colorati e simboli eucaristici. La partecipazione è stata molto buona, sentita. Ancora oggi molte famiglie espongono drappi rossi alle finestre e fiori sulle porte: segno che questa è una tradizione viva».
Una tradizione che continua








Ma il vero lavoro comincia prima, già dal sabato pomeriggio. «Ogni anno – racconta don Claudio – si formano diversi gruppi, di solito 8 o 9. Ognuno ha il proprio spazio nel paese, concordato da tempo. Nel cortile della parrocchia si comincia a colorare la segatura, impastando i pigmenti con cura. I disegni prendono forma sull’asfalto con gessetti o teli guida. Alcuni restano al lavoro fino a notte fonda, anche alle tre del mattino».
Non è solo preparazione, è comunione. I gruppi sono eterogenei: famiglie, amici, giovani, adulti, persino formazioni spontanee come “le mamme del ‘98”. L’edizione 2025 si è arricchita anche del programma Granarolo Effimero, con eventi culturali e musicali nei giorni precedenti. «Abbiamo valorizzato la figura di Maddalena Venturi, pittrice popolare e educatrice, con mostre e un murale fatto dai bambini della materna. Si è creato un piccolo museo diffuso che racconta la nostra identità», spiega il parroco.
I tappeti, come sempre, hanno al centro il mistero eucaristico: calici, ostie, simboli sacri. Ma anche creatività: «Quest’anno – sorride don Claudio – uno dei disegni è stato ideato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale e poi riprodotto a mano». Altri hanno raffigurato il logo del Giubileo o la “bambolina Luce”, cara ai più piccoli.
Se è vero che Granarolo è l’unica parrocchia della zona a conservare questa forma di devozione artistica, è altrettanto vero che la tradizione ha saputo coinvolgere anche persone dai paesi vicini. «Alcuni vengono da Pieve Cesato, magari perché i figli frequentano la stessa scuola: è bello vedere come le relazioni si allargano», dice il parroco. E mentre i volontari lavorano, c’è anche chi offre un sorriso e qualcosa da bere: «C’è Ugo che gira col carretto dell’acqua e della ciambella, e tanta gente che passa solo per ammirare».
La tradizione risale al 1941 e, nel tempo, ha saputo evolversi senza perdere l’anima. «La cosa più bella – conclude don Claudio – è l’impegno che ci mettono le persone. Anche chi non frequenta assiduamente la chiesa, si sente coinvolto. È un modo per dire “ci siamo”, per fare comunità nel segno della fede e della bellezza».
Samuele Marchi