Seconda Udienza generale del suo pontificato, questa mattina, in piazza San Pietro, per Leone XIV. Presenti circa 40mila fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Cambiare prospettiva
Il Papa ha ripreso il ciclo di catechesi che si svolge lungo l’intero anno giubilare sul tema “Gesù Cristo nostra speranza” e ha incentrato la sua meditazione sulla parabola del buon samaritano. “La mancanza di speranza – ha premesso il Pontefice – a volte, è dovuta al fatto che ci fissiamo su un certo modo rigido e chiuso di vedere le cose, e le parabole ci aiutano a guardarle da un altro punto di vista“. In questo caso Gesù vuole aiutare il dottore della legge che gli chiede chi sia il suo prossimo a “passare dal chi mi vuole bene? al chi ha voluto bene? La prima è una domanda immatura, la seconda è la domanda dell’adulto che ha compreso il senso della sua vita. La prima domanda è quella che pronunciamo quando ci mettiamo nell’angolo e aspettiamo, la seconda è quella che ci spinge a metterci in cammino“.
“Prima di essere credenti, essere umani”
Riguardo all’uomo della parabola assalito e lasciato mezzo morto sulla strada da Gerusalemme a Gerico, il Papa ha constatato che la vita “è fatta di incontri, e in questi incontri veniamo fuori per quello che siamo. Ci troviamo davanti all’altro, davanti alla sua fragilità e alla sua debolezza e possiamo decidere cosa fare: prendercene cura o fare finta di niente. Un sacerdote e un levita scendono per quella medesima strada. Sono persone che prestano servizio nel Tempio di Gerusalemme, che abitano nello spazio sacro. Eppure, la pratica del culto non porta automaticamente ad essere compassionevoli. Infatti, prima che una questione religiosa, la compassione è una questione di umanità! Prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani.

Fretta nemica della compassione
Secondo Prevost, possiamo immaginare che, dopo essere rimasti a lungo a Gerusalemme, quel sacerdote e quel levita abbiano fretta di tornare a casa. È proprio la fretta, così presente nella nostra vita, che molte volte ci impedisce di provare compassione“. Nella parabola però “arriva qualcuno che effettivamente è capace di fermarsi: è un samaritano, uno quindi che appartiene a un popolo disprezzato”. Leone XIV ha sottolineato che “la religiosità qui non c’entra. Questo samaritano si ferma semplicemente perché è un uomo davanti a un altro uomo che ha bisogno di aiuto“. E “la compassione si esprime attraverso gesti concreti“. Dal testo di Luca emerge, descrivendone le azioni di cura, che “il samaritano si fa vicino, perché se vuoi aiutare qualcuno non puoi pensare di tenerti a distanza, ti devi coinvolgere, sporcare, forse contaminare“, perché l’altro “non è un pacco da consegnare, ma qualcuno di cui prendersi cura”.
“Crescere in umanità”
“Cari fratelli e sorelle – si è chiesto il Santo Padre al termine della catechesi – quando anche noi saremo capaci di interrompere il nostro viaggio e di avere compassione? Quando avremo capito che quell’uomo ferito lungo la strada rappresenta ognuno di noi. E allora la memoria di tutte le volte in cui Gesù si è fermato per prendersi cura di noi ci renderà più capaci di compassione. Preghiamo, dunque, affinché possiamo crescere in umanità, così che le nostre relazioni siano più vere e più ricche di compassione. Chiediamo al Cuore di Cristo la grazia di avere sempre di più i suoi stessi sentimenti”.
Appelli alla pace e alla preghiera
Dopo aver riassunto la sua catechesi nelle diverse lingue, Leone XIV ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti. Quindi ha rivolto un ennesimo appello alla pace in Ucraina e ha invocato il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. “In questi giorni – ha detto il Papa – il mio pensiero va spesso al popolo ucraino, colpito da nuovi, gravi attacchi contro civili e infrastrutture. Assicuro la mia vicinanza e la mia preghiera per tutte le vittime, in particolare per i bambini e le famiglie. Rinnovo con forza l’appello a fermare la guerra e a sostenere ogni iniziativa di dialogo e di pace. Chiedo a tutti di unirsi nella preghiera per la pace in Ucraina e ovunque si soffre per la guerra”. Poi “dalla Striscia di Gaza si leva sempre più intenso al Cielo il pianto delle mamme e dei papà, che stringono a sé i corpi senza vita dei bambini, e che sono continuamente costretti a spostarsi alla ricerca di un po’ di cibo e di un riparo più sicuro dai bombardamenti. Ai responsabili rinnovo il mio appello: cessate il fuoco, siano liberati tutti gli ostaggi, si rispetti integralmente il diritto umanitario. Maria, Regina della Pace, prega per noi”.

Foto di Vatican Media / Sir