“In questo nostro tempo – ha detto papa Prevost nell’omelia davanti a 200 mila persone – vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui”.

La Messa in piazza San Pietro. Fedeli fino al termine di via della Conciliazione

Si è tenuta domenica 18 maggio la Messa di insediamento di papa Leone XIV. Piazza San Pietro si è presentata gremita fin dalle prime ore del mattino, anche grazie ai tanti appartenenti alle confraternite giunti a Roma da tutto il mondo per il Giubileo loro dedicato.

Se ne stimavano, ieri, almeno centomila solo tra di loro. In totale ne sono state stimate, dalle autorità competenti, duecentomila. Alle 9 in punto papa Prevost si è presentato in piazza sulla papamobile e ha fatto il giro salutando la folla fino alla fine di via della Conciliazione. In piazza l’emozione è stata altissima per il primo giro tra i fedeli del nuovo Papa. 

Leone XIV ha sempre risposto, a destra e a sinistra con un gesto della mano e con un sorriso rivolto a tutti. La Messa, celebrata in gran parte in latino, è stata seguita in silenzio, come è stato chiesto in avvio di celebrazione, senza cori e senza sventolio di bandiere.

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Papa Leone XIV in mezzo alla folla di fedeli questa mattina in piazza San Pietro, a Roma. (Foto Fz)

Omelia letta. A braccio saluta le confraternite

Durante l’omelia il Pontefice aggiunge fuori testo solo un saluto ai membri delle Confraternite. Per il resto legge, ma sottolinea alcuni passaggi, per imprimere maggiore forza alle parole pronunciate in italiano. Ricorda papa Francesco e la tristezza vissuta nei giorni dopo la sua morte e anche la consolazione per la sua ultima benedizione nel giorno di Pasqua.

Poi, in chiusura, senza citare l’enciclica di Bergoglio, dice Fratelli tutti, a proposito dell’unico popolo di Dio cui richiama Prevost. Sono due le parole sulle altre: amore e unità. Su queste punta il nuovo Papa, oltre che sulla pace, altro suo cavallo di battaglia di questi primi giorni di pontificato, fin dall’affaccio dalla Loggia delle benedizioni, la sera dell’8 maggio scorso. 

Custodire la tradizione con lo sguardo lontano

Prevost vuole tenere unite le due anime presenti nella Chiesa: quella di chi desidera custodire il patrimonio accumulato nei secoli e quella di chi vuole spingere la barca di Pietro nel mare aperto del mondo.

Allora dice nell’omelia, a proposito del suo compito come Papa: “il nuovo successore di Pietro, il vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi”.

Più chiaro di così non può essere, con buona pace dei tradizionalisti e di quanti, da una parte e dall’altra, vorrebbero incasellare Leone XIV tra le proprie fila.

Una Chiesa unita

Il Papa si fa fratello e vuole farsi servo, aggiunge, “della vostra fede e della vostra gioia”, perché “Dio ci vuole uniti in un’unica famiglia”. Prosegue con un desiderio: “Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”.

Quindi, a proposito del mondo e delle discordie, delle guerre e delle divisioni che in esso si vivono, prosegue: “Noi vogliamo essere dentro questa pasta un piccolo lievitò di unità, di comunione e di fraternità”. Cristo è colui che tutti devono guardare, da indicare da parte dei fedeli, con gioia e umiltà. “Questo lo spirito missionario – dice Prevost – che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo”.

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Piazza san Pietro, Roma. 18 maggio 2025. La Messa di insediamento di papa Leone XIV. Foto SIR/Marco Calvarese

Il testo integrale dell’omelia

Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell’omelia e a seguire del Regina coeli. 

La morte di papa Francesco ci ha riempito di tristezza. Ci siamo sentiti come pecore senza pastore

Cari fratelli Cardinali, Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, distinte Autorità e Membri del Corpo Diplomatico, fratelli e sorelle!

Saluto tutti voi con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (Le Confessioni, 1, 1.1). In questi ultimi giorni, abbiamo vissuto un tempo particolarmente intenso. La morte di papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano «come pecore senza pastore» (Mt 9,36). Proprio nel giorno di Pasqua, però, abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della Risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando è disperso e «lo custodisce come un pastore il suo gregge» (Ger 31,10).

Il nuovo successore di Pietro, custode della fede e con lo sguardo lontano. Vengo a voi come un fratello

In questo spirito di fede, il Collegio dei Cardinali si è riunito per il Conclave; arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia.
Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia.

Due dimensioni: amore e unità

Amore e unità: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù. Ce lo narra il brano del Vangelo, che ci conduce sul lago di Tiberiade, lo stesso dove Gesù aveva iniziato la missione ricevuta dal Padre: “pescare” l’umanità per salvarla dalle acque del male e della morte. Passando sulla riva di quel lago, aveva chiamato Pietro e gli altri primi discepoli a essere come Lui “pescatori di uomini”; e ora, dopo la risurrezione, tocca proprio a loro portare avanti questa missione, gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio.

L’amore infinito e incondizionato di Dio

Come può Pietro portare avanti questo compito? Il Vangelo ci dice che è possibile solo perché ha sperimentato nella propria vita l’amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento. Per questo, quando è Gesù a rivolgersi a Pietro, il Vangelo usa il verbo greco agapao, che si riferisce all’amore che Dio ha per noi, al suo offrirsi senza riserve e senza calcoli, diverso da quello usato per la risposta di Pietro, che invece descrive l’amore di amicizia, che ci scambiamo tra di noi.

L’amore di Dio non viene mai meno

Quando Gesù chiede a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,16), si riferisce dunque all’amore del Padre. È come se Gesù gli dicesse: solo se hai conosciuto e sperimentato questo amore di Dio, che non viene mai meno, potrai pascere i miei agnelli; solo nell’amore di Dio Padre potrai amare i tuoi fratelli con un “di più”, cioè offrendo la vita per i tuoi fratelli.

Amare come ama Gesù

A Pietro, dunque, è affidato il compito di “amare di più” e di donare la sua vita per il gregge. Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo
di amare come ha fatto Gesù.

Il desiderio del nuovo Papa: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, fermento per un mondo riconciliato

Lui – afferma lo stesso Apostolo Pietro – «è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo» (At 4,11). E se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» (1Pt 2,5), chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. 

Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9). Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.

Noi vogliamo essere piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità

In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.

Spirito missionario

Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.

Cita Leone XIII e la Rerum novarum. Con l’ora dell’amore non tornerebbe la pace?

Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21).

Cita la Fratelli tutti di papa Francesco. Braccia aperte al mondo

Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità. Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti (chiaro riferimento all’enciclica di papa Francesco, ndr) camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi.

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Oltre 150 le delegazioni ufficiali da tutto il mondo. In primissima fila il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella. Foto SIR/Marco Calvarese

Le parole del Papa al Regina coeli

Di seguito pubblichiamo il testo del Regina coeli

I saluti ai presenti. La presenza di papa Francesco

Al termine di questa celebrazione, saluto e ringrazio tutti voi, romani e fedeli di tante parti del mondo, che avete voluto partecipare. Esprimo in particolare la mia gratitudine alle Delegazioni ufficiali di numerosi Paesi, come pure ai Rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali e di altre Religioni. Un caloroso saluto rivolgo alle migliaia di pellegrini convenuti da tutti i Continenti in occasione del giubileo delle Confraternite. 

Carissimi, vi ringrazio perché mantenete vivo il grande patrimonio della pietà popolare. Durante la Messa ho sentito forte la presenza spirituale di papa Francesco, che dal Cielo ci accompagna. In questa dimensione di comunione dei santi ricordo che ieri a Chambéry, in Francia, è
stato beatificato il sacerdote Camille Costa de Beauregard, vissuto tra la fine dell’800 e gli inizi del
‘900, testimone di grande carità pastorale.

Gaza, Myanmar e Ucraina

Nella gioia della fede e della comunione non possiamo dimenticare i fratelli e le sorelle che soffrono a causa delle guerre. A Gaza i bambini, le famiglie, gli anziani sopravvissuti sono ridotti alla fame. Nel Myanmar nuove ostilità hanno spezzato giovani vite innocenti. La martoriata Ucraina attende finalmente negoziati per una pace giusta e duratura.

L’affidamento a Maria

Perciò, mentre affidiamo a Maria il servizio del Vescovo di Roma, Pastore della Chiesa universale, dalla “barca di Pietro” guardiamo a Lei, Stella del Mare, Madre del Buon Consiglio, come segno di speranza. Imploriamo dalla sua intercessione il dono della pace, il sostegno e il conforto per chi soffre, la grazia, per tutti noi, di essere testimoni del Signore Risorto.

Francesco Zanotti