Papa Leone XIV, questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo apostolico vaticano, ha ricevuto in udienza i membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, in occasione dell’inizio del suo pontificato. Dopo le parole introduttive del decano del Corpo diplomatico, Georges Poulides, ambasciatore di Cipro presso la Santa Sede, il Papa ha pronunciato il suo discorso toccando tanti temi di attualità.

La comunità diplomatica come famiglia

“Nel nostro dialogo – ha premesso Leone XIV – vorrei che prevalesse sempre il senso di essere una famiglia – la comunità diplomatica rappresenta infatti l’intera famiglia dei popoli – che condivide le gioie e i dolori della vita e i valori umani e spirituali che la animano.

La diplomazia pontificia è, infatti, un’espressione della cattolicità stessa della Chiesa e, nella sua azione diplomatica, la Santa Sede è animata da una urgenza pastorale che la spinge non a cercare privilegi ma ad intensificare la sua missione evangelica a servizio dell’umanità. Essa combatte ogni indifferenza e richiama continuamente le coscienze, come ha fatto instancabilmente il mio venerato predecessore, sempre attento al grido dei poveri, dei bisognosi e degli emarginati, come pure alle sfide che contraddistinguono il nostro tempo, dalla salvaguardia del creato all’intelligenza artificiale”.

Tre parole-chiave

Nel suo discorso, Prevost ha posto l’accento su “tre parole-chiave, che costituiscono i pilastri dell’azione missionaria della Chiesa e del lavoro della diplomazia della Santa Sede”.

“La pace si costruisce nel cuore”

La prima, ha detto, è “pace”, troppe volte considerata “una parola “negativa”, ossia come mera assenza di guerra e di conflitto” o “una semplice tregua, un momento di riposo tra una contesa e l’altra”. Nella prospettiva cristiana invece “la pace è anzitutto un dono: il primo dono di Cristo: «Vi do la mia pace» (Gv 14,27).

Essa è però un dono attivo, coinvolgente, che interessa e impegna ciascuno di noi, indipendentemente dalla provenienza culturale e dall’appartenenza religiosa, e che esige anzitutto un lavoro su sé stessi. La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi”.

Pace, libertà religiosa e diplomazia multilaterale

In quest’ottica, il Papa ritiene “fondamentale il contributo che le religioni e il dialogo interreligioso possono svolgere per favorire contesti di pace. Ciò naturalmente esige il pieno rispetto della libertà religiosa in ogni Paese, poiché l’esperienza religiosa è una dimensione fondamentale della persona umana, tralasciando la quale è difficile, se non impossibile, compiere quella purificazione del cuore necessaria per costruire relazioni di pace”.

Tutto questo “esige anche una sincera volontà di dialogo, animata dal desiderio di incontrarsi più che di scontrarsi. In questa prospettiva è necessario ridare respiro alla diplomazia multilaterale e a quelle istituzioni internazionali che sono state volute e pensate anzitutto per porre rimedio alle contese”, assiema alla “volontà di smettere di produrre strumenti di distruzione e di morte“.

Giustizia e disparità globali

La seconda parola citata dal Papa è “giustizia”. Riferendosi a Leone XIII, “il Papa della prima grande enciclica sociale, la Rerum novarum, Leone XIV ha ricordato che “la Santa Sede non può esimersi dal far sentire la propria voce dinanzi ai numerosi squilibri e alle ingiustizie che conducono, tra l’altro, a condizioni indegne di lavoro e a società sempre più frammentate e conflittuali. Occorre peraltro adoperarsi per porre rimedio alle disparità globali, che vedono opulenza e indigenza tracciare solchi profondi tra continenti, Paesi e anche all’interno di singole società”.

“Investire sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna e tutelare la dignità di ogni persona”

Per “costruire società civili armoniche e pacificate”, occorre anzitutto investire “sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna” e “favorire contesti in cui sia tutelata la dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro all’anziano, dal malato al disoccupato, sia esso cittadino o immigrato”.

Lo stesso Prevost ha ricordato di essere “discendente di immigrati, a sua volta emigrato“, specificando poi che “ciascuno di noi, nel corso della vita, si può ritrovare sano o malato, occupato o disoccupato, in patria o in terra straniera: la sua dignità però rimane sempre la stessa, quella di creatura voluta e amata da Dio“.

Verità minacciata dal mondo virtuale

La terza parola proposta da Leone XIV è “verità”, per cui “non si possono costruire relazioni veramente pacifiche, anche in seno alla Comunità internazionale, senza verità.

Laddove le parole assumono connotati ambigui e ambivalenti e il mondo virtuale, con la sua mutata percezione del reale, prende il sopravvento senza controllo, è arduo costruire rapporti autentici, poiché vengono meno le premesse oggettive e reali della comunicazione”.

Verità e carità

Verità che “non è mai disgiunta dalla carità, che alla radice ha sempre la preoccupazione per la vita e il bene di ogni uomo e donna. D’altronde, nella prospettiva cristiana, la verità non è l’affermazione di principi astratti e disincarnati, ma l’incontro con la persona stessa di Cristo, che vive nella comunità dei credenti.

Così la verità non ci allontana, anzi ci consente di affrontare con miglior vigore le sfide del nostro tempo, come le migrazioni, l’uso etico dell’intelligenza artificiale e la salvaguardia della nostra amata Terra. Sono sfide che richiedono l’impegno e la collaborazione di tutti, poiché nessuno può pensare di affrontarle da solo“.

Agensir