La tragedia si consumò la sera della finale di Coppa dei campioni

Il 29 maggio 1985

“Chi ha schiacciato i cuori dell’ Heysel?”. Recita così il verso di una canzone scritta da Claudio Baglioni nel 1990 e intitolata “Naso di falco”. Questa domanda risuona ancora più drammatica in questi giorni. 

Oggi, giovedì 29 maggio ricorre il 40⁰ anniversario della “strage dell’Heysel”. Avvenne mercoledì 29 maggio 1985, nei pressi dello stadio “Heysel” di Bruxelles (Belgio), poco prima della finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus di Giovanni Trapattoni e il Liverpool di Joe Fagan. 

Verso le 19,20 di quel giorno, con l’impianto gremito di gente, un gruppo di tifosi estremi del Liverpool (gli “hooligans”) si avviò con aria poco amichevole verso il settore Z, occupato dai tifosi italiani. Quest’ultimi, spaventati, si ammassarono sul muro del loro settore. Per via della fatiscenza dell’impianto, il muro crollò, causando diverse vittime. Il crollo provocò il formarsi di una calca terribile, che fece aumentare la conta dei morti.

Si giocò lo stesso, nonostante le vittime

Nonostante le polemiche e il giusto rifiuto della Juventus di scendere in campo, le forze dell’ordine belghe e la Uefa decisero di far disputare lo stesso il match, per motivi di ordine pubblico.

 Il match iniziò quindi alle 21,40 (un’ora e 25 minuti di ritardo rispetto all’orario convenuto) e si concluse con la vittoria della Juventus per 1-0, con rete su rigore di Michel Platini al 58′. Fu chiaro fin da subito che la partita non interessava più a nessuno, in primis alla reti televisive.

Per esempio, Raidue trasmise lo stesso il match per l’Italia, ma con il video volutamente oscurato e l’indimenticabile Bruno Pizzul (telecronista della finale insieme a Gianfranco De Laurentiis) che disse: “Provo a commentare in tono il più neutro, impersonale e asettico possibile”.

I morti furono 39, 600 i feriti

Il bilancio finale di questa strage fu terribile: 39 morti e più di 600 feriti. Delle vittime, 32 erano italiane, quattro belghe, due francesi e un nordirlandese. 

Tra essi figura Claudio Zavaroni (28 anni), residente in Emilia-Romagna, precisamente a Ciano d’Enza (Reggio Emilia). Siccome la maggioranza degli italiani morti tifava la Juventus, la città di Torino si ritrovò a subire una nuova tragedia calcistica, 36 anni dopo l’incidente aereo di Superga, che costò la vita al “Grande Torino”.

Pessime le condizioni dello stadio

La strage venne causata sia dalle intemperanze di certi tifosi che dalle pessime condizioni strutturali nelle quali versava lo stadio. Eppure quella del 1985 non era stata la prima finale europea che si svolse in quel luogo.

 L’ “Heysel” aveva già ospitato altre tre finali di Coppa dei Campioni (1958, 1966 e 1974), tre finali di Coppa delle Coppe (1964, 1976 e 1980) e la finale degli Europei del 1972 Germania Ovest-Unione Sovietica 3-0, disputata il 18 giugno 1972.

Straschichi umani e calcistici

La strage lasciò strascichi umani e calcistici che furono risolti difficilmente e parzialmente. I club inglesi vennero squalificati a tempo indeterminato dalle competizioni europee (il Liverpool ad ulteriori tre stagioni, poi ridotte a una) e un club italiano tornò a giocare all’Heysel soltanto nel 1990.

Questo club fu il Milan, in Malines-Milan 0-0 del 7 marzo 1990, valida per la Coppa dei Campioni. In occasione di quella partita, il capitano rossonero Franco Baresi andò a deporre un mazzo di 39 rose rosse sotto la recinzione del settore Z.

Mondiali del ’90 in Italia, le conseguenze

Ai Mondiali di Italia 1990, per rispetto ai tantissimi tifosi juventini periti all’ “Heysel”, l’Inghilterra ottenne di non giocare nel girone che aveva, come principale terreno di gioco, il “Delle Alpi”, il vecchio stadio della Juventus.

Lo stadio venne ristrutturato completamente e, dal 1995, cambiò il suo nome in “Re Baldovino”, arrivando a ospitare una finale di Coppa delle Coppe nel 1996 e Italia-Belgio 2-0, match giocato il 14 giugno 2000 e valido per gli Europei di Belgio-Olanda 2000.

Un film sulla tragedia

Sull’argomento il regista Marco Tullio Giordana realizzò nel 1988 un film intitolato “Appuntamento a Liverpool”, con protagonista Isabella Ferrari (nata a Ponte dell’Olio, Piacenza). Un interessante libro sull’argomento è “Heysel, le verità di una strage annunciata”, scritto dal giornalista Francesco Caremani. 

È doveroso, ogni anno, ricordare quanto è successo all’ “Heysel” sia per ricordare chi non c’è più, per stare vicino ai loro familiari e per affermare con forza che non si deve morire per una partita di calcio.

Emanuele Zavaglia