Una figura professionale non attrattiva quella dell‘infermiere. Se ne sente sempre più la carenza, ma l’università non riesce a sopperire. Il corso di laurea in Infermieristica di Faenza, Campus di Ravenna (nella foto la sede), è di alto livello, ma nonostante abbia il numero chiuso anche quest’anno non è al completo. Un problema dovuto proprio all’immagine che i giovani hanno di questa professione, come racconta Katia Mattarozzi, coordinatrice del corso: «Sono 142 gli studenti che potremmo accogliere a Faenza, ma si sono iscritti in 130. Con i corsi di Rimini e di Bologna, il potenziale formativo di Unibo sarebbe sufficiente per il territorio. Il problema riscontrato in questi anni è una questione di attrattività. C’è poco interesse da parte dei giovani a intraprendere questo percorso», continua la coordinatrice. «C’è uno stereotipo, una rappresentazione dell’infermiere socialmente inadeguata. Viene visto come una figura professionale con scarse autonomie assistenziali quando invece è una figura cardine dell’assistenza ospedaliera e del territorio». A fronte di questo c’è il problema dei compensi, ma per Mattarozzi «non è il problema principale, difficilmente il giovane sceglie per lo stipendio, ma sulla base di un’idea». Il corso di Faenza si avvale di un laboratorio, spiega Mattarozzi «che ci consente di utilizzare manichini ad altissima fedeltà in modo che gli studenti possano acquisire sicurezza in tutte le procedure assistenziali, prima del tirocinio. Unibo, grazie all’accordo quadro con il Comune di Faenza, è riuscito ad acquistare tecnologie e simulatori che consentono agli studenti di acquisire tecnica e sicurezza». A sottolineare la validità della formazione, conclude la coordinatrice «la dispersione è molto bassa, l’80 per cento degli studenti si laurea nei tre anni, nonostante il percorso sia davvero impegnativo e faticoso. Una piccola percentuale si laurea in quella successiva. Gli studenti lavoratori ci mettono di più proprio a causa della presenza di laboratori e tirocini che dilatano i tempi. Sono solitamente operatori socio sanitari che vogliono fare un upgrade».
(MgC)