L’alluvione che ha colpito Faenza e la Romagna nel maggio del 2023 non ha lasciato solo distruzione e dolore, ma ha anche generato riflessioni profonde che emergono dal linguaggio dell’arte. Una di queste ha preso forma nelle mani di Andrea Salvatori, artista originario di Solarolo, che ha trasformato il fango dell’alluvione in arte, dando vita all’opera Terzo Paesaggio. L’installazione, a cura di Giovanni Gardini, è stata esposta alla Raccolta Lercaro di Bologna in occasione di Art City Bologna 2025 ed è un insieme di dodici zolle d’argilla, prelevate dalle zone alluvionate e poi sottoposte a una lavorazione che le ha rese sculture potenti e simboliche.
“Tramite 12 zolle rosse e pulsanti ho voluto trasformare questo evento drammatico in memoria tangibile”

L’idea di Terzo Paesaggio trae ispirazione dall’omonimo concetto teorizzato dall’artista e paesaggista francese Gilles Clément, secondo cui esistono territori residuali – non urbanizzati né sfruttati – che la natura lentamente si riprende. Salvatori ha reinterpretato questa visione partendo da un’esperienza personale devastante: l’acqua che ha invaso il suo laboratorio a Solarolo, portando con sé la stessa argilla che lui da anni modellava. «Dal danno creare una virtù» racconta l’artista. «Questa terra era ovunque dopo l’alluvione, mi circondava. Ho capito che dovevo farne qualcosa, trasformare il disastro in un segno, in una memoria tangibile».
Carne viva, lava, urlo. L’opera è esposta alla Raccolta Lercaro di Bologna

La svolta arriva quando il curatore Giovanni Gardini raccoglie dodici zolle dalle zone alluvionate e le conserva, intuendone il valore simbolico. Provengono dall’area tra il torrente Marzeno e il fiume Lamone, a Faenza. Un’area che ha subito negli ultimi anni anche quattro alluvioni. Da qui prende forma il progetto: cuocere e congelare quella materia per renderla eterna, bloccando l’attimo in cui la natura si è ribellata all’uomo. Le zolle di Terzo Paesaggio non sono semplici pezzi di argilla lavorata. Ogni superficie porta impressi segni di vita e distruzione: impronte umane, tracce di lombrichi, segni della terra sconvolta dalla forza dell’acqua. E poi c’è il colore, un rosso infuocato ottenuto con una glassatura speciale a base di selenio. L’effetto è quello dinamico di brandelli di carne viva, dalle suggestioni primordiali. «Ho provato altre soluzioni, in particolare il verde – spiega Salvatori – ma nessuna restituiva la violenza e la trasformazione subita dal paesaggio. Il rosso è carne viva, lava, urlo. È la testimonianza della forza della natura e della nostra fragilità».
La disposizione delle zolle nella mostra non è casuale: disposte lungo un percorso, sembrano al centro un cuore che pulsa, un respiro che si espande. Un viaggio che non si chiude in un cerchio, perché non c’è ritorno, ma solo un avanzare continuo, come il cambiamento del paesaggio stesso. Come dodici guardiani silenti le zolle testimoniano bellezza e terrore panico. Un’alterità tutta da indagare, una terza via che ci è per ora estranea o che tentiamo di disconoscere, ma la cui potenza latente può sconvolgere in un solo attimo tutte le nostre vite.
“Con quest’opera ho abbandonato il linguaggio ironico”. Dal rosso, ora progetta un’opera di purificazione legata ai “Bianchi” di Faenza

Questa opera segna una svolta nel percorso artistico di Salvatori. Conosciuto per il suo uso ironico della ceramica, stavolta abbandona ogni sarcasmo per lasciar spazio a una riflessione cruda e diretta. «L’alluvione mi ha cambiato – ammette -. Prima il mio lavoro aveva un approccio più leggero, giocoso, pur toccando temi seri. Qui invece sentivo il bisogno di un linguaggio nuovo, più viscerale». La mostra alla Raccolta Lercaro, dove è in dialogo con altre opere esposte nella sezione contemporanea, è solo il primo passo per Terzo Paesaggio. L’artista spera che l’opera possa viaggiare, raccogliere altre riflessioni e magari evolversi. Sta già pensando a una nuova versione in bianco, ispirata alla tradizione delle ceramiche di Faenza e in collaborazione con il Museo Carlo Zauli, per esplorare il tema della purificazione e della memoria. L’arte ha spesso il potere di trasformare il dolore in consapevolezza. Terzo Paesaggio è un monito e una testimonianza, un’opera che ci ricorda che la natura non dimentica e che, in un attimo, può riappropriarsi di ciò che le appartiene. È un invito a riflettere su dove stiamo andando e su quanto siamo disposti a imparare dagli eventi che ci travolgono.
Samuele Marchi