Sono passati più di due mesi da quando papa Francesco, il 24 dicembre scorso, ha aperto la porta santa di San Pietro, dando ufficialmente inizio al Giubileo del 2025. Ma che cos’è un Giubileo? E quali sono le sue origini?
Le origini
Il Giubileo è un importante evento religioso celebrato nella sua forma ordinaria ogni 25 anni. Il suo obiettivo è mettere al centro valori di fede, carità e perdono. L’anno del Giubileo, detto anno Santo, rappresenta un periodo durante il quale è possibile ricevere l’indulgenza plenaria, quindi la remissione dei peccati, ritrovando la riconciliazione con Dio. Il termine deriva dall’ebraico jobel, che significa “corno di ariete”, anticamente utilizzato per annunciare il giorno dello Yom Kippur, dedicato all’espiazione, una ricorrenza annuale e l’anno sabbatico, appunto l’anno giubilare. Il Giubileo ha una tradizione molto antica, che affonda le sue radici nel libro del Levitico. Qui sentiamo parlare di anno santo o “anno giubilare”, proclamato ogni cinquant’anni, che definiva un periodo di grazia e rinnovamento. Durante i secoli, la Chiesa ha rinnovato e consolidato questa antica tradizione. Il primo Giubileo, inteso come lo intendiamo noi oggi, venne indetto da papa Bonifacio VIII, nel 1300, che istituì un anno di indulgenza e perdono per tutti coloro che in quell’anno visitavano Roma. Quello che in pochi sanno però, è che Bonifacio VIII istituì il Giubileo su richiesta del popolo, che sentiva forte in quel periodo il bisogno di perdono e indulgenza, due elementi che si differenziano tra loro.
Il Giubileo oggi
La confessione, infatti, assolve il peccato (la colpa) ma non la pena, cioè la ferita che resta nella Chiesa, nell’ambiente o in una persona. L’indulgenza, invece, attinge al tesoro della misericordia di Dio, attivando un processo attraverso il quale il fedele si impegna a rimettere in circolo il bene, mettendosi in cammino grazie al sacramento della riconciliazione, il passaggio della Porta Santa e così via. Non è una formula magica, ma l’attivazione di un processo che lascia dietro di sé una scia di bene. Non ha una valenza solo sul piano spirituale personale, ma porta con sé un forte risvolto sociale. Se per gli ebrei era un periodo in cui si facevano riposare i terreni o si condonavano i debiti, oggi il Giubileo si connota anche di temi nuovi quali la giustizia sociale. Il Giubileo 2025, o Giubileo della Speranza, è stato annunciato da papa Francesco il 9 maggio 2024. Il Papa propone un Giubileo dedicato a tutte le fasce della società, affinché ciascuno possa sentirsi chiamato e coinvolto: dalle famiglie, agli artisti, dalle forze civili, agli ammalati e ancora dai lavoratori e imprenditori fino ad arrivare ai giovani, ai quali saranno dedicate le giornate dal 28 luglio al 3 agosto 2025.
Il Giubileo e i giovani
Ma come risuona l’invito del Papa nelle menti dei giovani? Con quale spirito hanno intenzione di recarsi a Roma? Cosa ancora ha da dire un anno santo a un Centennial? Lo abbiamo chiesto ad alcuni giovani faentini. «Il Giubileo mi interessa – afferma Nicola, 27 anni, – se non altro perché non è un evento così frequente. Mi affascina il tema scelto dal papa Pellegrini di speranza, proprio perché noto in me stesso e negli altri un certo disincanto per cui ormai non c’è speranza per niente e per nessuno, tanto vale farsi gli affari propri». Nicola continua, sottolineando come i giovani si riconoscano bisognosi di speranza, in un mondo ormai troppo frenetico e anestetizzante per i suoi protagonisti. «Il Giubileo del 2025 – aggiunge – va contro questa logica che risuona nel nostro contesto sempre più individualista e mi ricorda che l’errore non ha l’ultima parola sulla vita di nessuno».
Anche per Chiara, 23 anni, occorre ritrovare quell’umanità che ci contraddistingue. «Secondo me – afferma – il tema scelto dal Papa è molto azzeccato. In questi ultimi anni e soprattutto nell’ultimo periodo, la speranza è un concetto di cui c’è parecchio bisogno e va cercata attivamente. Poi è bello che ci sia un Giubileo dedicato a noi giovani. Questo ci fa sentire parte di una Chiesa e tassello fondamentale dell’anno giubilare, ci dà l’idea di un anno in cui ognuno può partecipare, sentendosi chiamato a questa esperienza».
Anche la “chiamata” è un tema che riecheggia nelle orecchie dei giovani, che si percepiscono come risorse attive per una comune e fraterna ricerca di speranza, come evidenzia Chiara. «È un modo per vivere una Roma comunitaria che prende la nostra parrocchia – spiega -, la nostra diocesi ma anche fedeli da tutta Italia e oltre, radunati per lo stesso motivo». Questa idea di comunità multiculturale, che trova la sua unione nella fede, la riscontra anche Irene, 22 anni: «Si tratta di un’esperienza a cui ho piacere di partecipare in memoria della passata Gmg di Lisbona – racconta -. È un’occasione per ascoltare il Papa insieme a persone da tanti altri paesi, rivivere momenti di catechesi, divertimento, incontro e scambi e per conoscere persone nuove». Luca, 21 anni, mette ancora più in risalto la forza culturale che il Giubileo porta in sé, sul solco di un secolo in cui il tradizionalismo dell’anno santo per lui non ha più forse molto da dire. «Non essendo in un momento di massima frequentazione dell’ambiente ecclesiastico – afferma – è un evento che mi interessa a livello culturale e personale, ma che non frequenterò a livello pastorale e spirituale. Credo che il Giubileo sia qualcosa che un po’ sta svanendo, nasce in un momento storico particolare, in cui andare a Roma era praticamente impossibile e vedere il Papa era una cosa rara. Per noi non c’è nessuna di queste due condizioni. L’anno santo ha ancora dello spirituale, ma rimane forse più nel privato della persona. A mio avviso, il Giubileo presenta oggi una maggior declinazione culturale».
Martina, 21 anni, condivide la bellezza dell’incontro con l’altro che si prospetta nella giornata giubilare dei giovani. «Per quanto riguarda il Giubileo – dice – non ho alte aspettative, mi piace sempre tenerle basse, così è ancora più grande la sorpresa e la gioia di vivere quel momento. Sarà un grandissimo evento di condivisione, inclusione e di conoscenza dell’altro. Sicuramente un’esperienza che arricchisce dal punto di vista dei valori e senz’altro l’occasione per conoscere persone con storie e culture diverse».
Lisa Berardi