Export e dazi Usa, “siamo molto preoccupati”, spiega il presidente della Regione, Michele de Pascale. Oggi alla Camera di Commercio in occasione della visita in città del vice-presidente e ministro degli Esteri, Antonio Tajani (che prima aveva fatto tappa a Palazzo Guiccioli, vedi qui), si è fatto il punto sull’impatto che le tensioni internazionali e la nuova politica di dazi annunciata dal presidente Usa Donald Trump potrà avere sulle aziende del territorio.
Aziende e famiglie già colpite, spiega nel suo intervento il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, “dall’alto costo dell’energia che rende difficile progettare piani industriali. Da 23 mesi la produzione industriale è in calo in Italia”. Da qui le richieste al Governo, che può contare su entrate in aumento del 6,2 per cento, sottolinea Patuelli, un elemento che ha dato un contributo alla stabilità dei conti pubblici: “Più incentivi alle imprese, con una modifica allo strumento dell’Ires, e agli investimenti sulla produzione” e un sostegno al risparmio, “sul quale abbiamo un impianto legislativo troppo vecchio”.
“Se gli effetti dell’aggressione della Russia all’Ucraina ci sono stati per tutti, forse questo è uno dei territori che ha sofferto di più”. Riavvolge il nastro del tempo il presidente De Pascale, sottolineando come oggi proprio a causa di quel che è successo, gli imprenditori emiliano-romagnoli guardino con più attenzione le pagine di politica estera sui giornali che quelle di politica interna: “Ravenna era il principale porto di interconnessione con il Mar Nero: acciaio, cereali, argilla. Ricordo, nel 2022, lo sforzo di reinventare rotte e strategie”. Sui dazi Usa annunciati, prosegue, “siamo molto preoccupati soprattutto per l’agroalimentare, settore in cui siamo importatori, produttori e trasformatori. Sul manifatturiero, inoltre, siamo grandi importatori di materie prime ed esportatori di prodotti finiti. Quindi occorre evitare la spirale dei dazi (che potrebbe avere effetti anche sull’import per i contro-dazi che potrebbe provocare) che danneggerà tutti”.
Quanto e come per le imprese del territorio, lo quantifica il presidente della Camera di Commercio, Giorgio Guberti: “Nel 2024 l’export è aumentato del 3,5 per cento, siamo il quarto Paese esportatore bin Europa. In provincia ci sono 2500 imprese che lavorano in questo commercio, il 28,9 per cento esporta oltre i confini Ue”. Dopo Germania e Francia, sono proprio gli Usa il terzo mercato per le nostre imprese. A questo si aggiunge la fatica degli ultimi due anni, sottolinea Guberti, “con le 40mila famiglie colpite dall’alluvione e le 10mila aziende rovinate”. In questo contesto il presidente della Camera di Commercio individua però un’ “importante occasione” nella Zona logistica semplificata, che potrebbe portare a un aumento di Pil per il territorio del 3-3,5 per cento. Ma non rinuncia a segnalare lo “sgambetto” che ha portato al nostro scalo il declassamento della dogana, “risultanza di un algoritmo arbitrario” che viviamo come “una contraddizione con lo sviluppo che stiamo cercando di costruire per il nostro porto (il quarto in Italia, sottolinea) con l’approfondimento dei fondali”.
Sul punto specifico dall’onorevole Tajani non arrivano risposte ma sui dazi sì. “Quando si cade in mare non bisogna farsi prendere dal panico – spiega – se no si rischia di affondare, meglio tenere i nervi saldi. La situazione non è facile, non sappiamo cosa potrà accadere. Ma il nostro Paese, dopo la Cina è quello con la maggior varietà di prodotti esportati. Abbiamo una grande flessibilità anche se l’export rappresenta il 40 per cento del nostro Pil”. La strada da percorrere secondo il ministro degli Esteri è, spiega a margine ai giornalisti, ”rafforzare la nostra presenza su altri mercati: Messico, Giappone, Turchia , Vietnam, Paesi del Golfo. E trovare il modo di dialogare con gli Stati Uniti ad esempio importando di più e investendo in quel Paese. Tenendo conto che i nostri prodotti sono di qualità e probabilmente c’è chi sarà disposto ad acquistarli lo stesso, anche con il costo dei dazi. Una guerra commerciale non conviene a nessuno”.
Nel tentativo di evitarla, prosegue Tajani nel suo intervento, l’unica strategia è l’Europa: “Rafforzare la sicurezza comune vuol dire comprare bombe o carri armati – dice – Ma, come ha detto Cristine Lagard, può essere un’occasione per crescere con la nostra economia in infrastrutture, ricerca, alta tecnologia. La sicurezza è un concetto più ampio. È l’Europa che dobbiamo difendere, quell’Europa che ha radici cristiane nella sua bandiera (il riferimento è alle 12 stelle che rappresentano le tribù d’Israele e al colore blu del manto di Maria): siamo l’unico continente che non ha la pena di morte, questo significa essere europeisti. Non manderemo i nostri militari a combattere in Ucraina, o in Medio Oriente. Se ci fossero zone franche da difendere, come già facciamo nel resto del mondo allora sì ma è un altro aspetto”.
Daniela Verlicchi