La dura vita di strada tra criminalità, spaccio di droghe, solitudine e disagi delle periferie raccontati nella musica trap non sembrano toccare i giovani faentini che fanno musica. Un’isola felice, non solo per la tranquilla vita di provincia, ma soprattutto per la tradizione di band che risale almeno agli anni ‘60. «Dove esiste una consuetudine così radicata – spiega don Marco Ferrini, presidente dell’associazione Pavone D’Oro, noto concorso canoro cittadino – è più facile che la relazione con la musica sia mediata dai genitori e da un’esperienza di musica suonata insieme».

L’eredità lasciata da don Italo Cavagnini, il “prete rock”

don italo cavagnini

Se a Faenza ancora oggi c’è una così grande sensibilità musicale fra i giovani lo si deve soprattutto a don Italo Cavagnini, che tutti chiamavano, non a caso, il “prete rock”. A partire dagli anni ‘50 con l’associazione Figli del Popolo raccolse oltre 800 orfani di guerra, poi come cappellano e sacrista della parrocchia del Duomo, diede il là a una tradizione di band musicali che dura tutt’ora. Alla Casa del Giovane recuperò una stanza e acquistò di tasca propria strumenti e impianti musicali: una rivoluzione per l’epoca, tanto che «eravamo guardati male in tutta la città» come raccontò lui stesso. «Negli anni ‘60, con il trionfo del rock, anche Faenza conobbe un’esplosione – ricorda don Marco -. Oggi a suonare sono spesso figli e nipoti dei “ragazzi “di don Italo».

Il suo chiodo fisso furono i giovani, specie quelli più emarginati. Quelli che oggi ascolterebbero musica trap, probabilmente. Andava a prenderli direttamente da scantinati, baracche o garage. Fondò i primi “complessi” stabili – come venivano chiamate allora le band – e iniziò a organizzare le prime feste alla Casa del Giovane nel periodo di Carnevale. Seguirono tante iniziative, tra cui la più nota è il Pavone D’Oro, la cui prima edizione si tenne nel 1969.

Lucatini: “La musica è ancora oggi un fortissimo motore di aggregazione”

mattia Lucatini
Mattia Lucatini

Un successo travolgente da subito, ma capace di lasciare il segno con il passare degli anni, anche dopo la sua morte. «I ragazzi non ci chiedono mai di fare musica trap – racconta Mattia Lucatini direttore della scuola di musica Artistation – è un mondo che non ci tocca. Qualche pezzo rap invece può capitare di eseguirlo». Alla base c’è soprattutto una cultura musicale sviluppata fin da bambini. «Arrivano già a 6 anni accompagnati dai genitori – aggiunge – e da quel momento vengono guidati negli ascolti, per cui è difficile che qualcuno si butti sulla trap da adolescente. Chi viene da noi, anche da più grandicello è interessato a rock, blues, funky, generi più adatti a chi suona uno strumento».

C’è poi un’altra ragione: chi si avvicina alla trap di solito lo fa da solo, in camera, magari cantando su delle basi. Faenza ha invece una storia di oltre 60 anni di musica suonata insieme. «Solo noi abbiamo 18 band, un coro di 35 elementi – precisa Lucatini -, un’orchestra di musica moderna con 20 ragazzi, la big band con 14, senza contare tutte le band più piccole. Non c’è niente da fare: sono fortissimi motori di aggregazione». Anche Artistation crea eventi per permettere ai giovani di suonare in giro per il territorio. «Quella sera vanno a fare qualcosa di culturale invece di andare a bere. Abbiamo esempi di persone che sono con noi da 12 anni, ragazzi cresciuti con la musica»

Barbara Fichera