Ogni casa, piccola o grande, lussuosa o modesta, ha almeno una porta. Fino a qualche tempo fa, in tempi segnati dalla fiducia e dalla sicurezza, la porta era sempre aperta, a volte con le chiavi inserite. Oggi invece sono piene di catenacci, serrature e allarmi per impedire entrate indesiderate. Quindi la porta permette di entrare ma in un certo senso fa anche selezione: difende, protegge, favorisce l’ingresso di una persona nella propria vita. Per tante porte chiuse, quest’anno ce ne sono cinque molto speciali. Si trovano a Roma e vengono aperte normalmente ogni 25 anni. Vengo chiamate ‘Sante’ non per la loro bellezza artistica, ma perché introducono nel Mistero più grande. È Dio che permette all’umanità di entrare nel suo amore misericordioso, ma anche l’uomo che è chiamato a far entrare Dio nella casa della propria anima.

Il vero nome di queste porte è “Gesù”, che nel vangelo di Giovanni dice «Io sono la porta delle pecore». Gesù è l’unica porta di salvezza, l’unico ingresso per entrare nel mistero profondo della propria esistenza e uscire dall’ambiguità del peccato. Passare una delle Porte Sante indica la volontà di cambiare vita, di entrare in una fase nuova della nostra esistenza. Ma c’è di più! Il Giubileo è per sua natura una celebrazione ecclesiale, fatta dalla Chiesa per la Chiesa.

Il passaggio della Porta Santa è un richiamo al valore della conversione e alla responsabilità di essere cristiani nel mondo. Ma questo comporta impegno e apertura alla Grazia di Dio, così che il gesto grande dell’entrare in Basilica attraverso quella porta, richiama l’invito di Cristo a passare per la porta stretta ma per aprirci a un futuro di speranza. Ecco perché il gesto di varcare la soglia della Porta Santa non può ridursi a un evento straordinario per cui vale la pena di farsi un selfie da postare sui social, ma è un gesto autentico che farà di ogni giorno della nostra vita un evento straordinario di grazia e di perdono.

don Tiziano Zoli