Nel suo ultimo libro “Chiesa e democrazia”, il vescovo di Faenza-Modigliana monsignor Mario Toso, teologo e filosofo, sulla scorta della dottrina sociale della Chiesa, si interroga sulle ragioni in cui attualmente versa la democrazia, crisi definita con la locuzione “Democrazia a bassa intensità.” Sono sì rispettate le regole procedurali: costituzionalità, rappresentatività, divisione dei poteri, principio di maggioranza, regole però che non hanno al centro il popolo inteso come unione morale dei cittadini liberi e responsabili, partecipi alla gestione della responsabilità attraverso i propri rappresentanti, ma al fondo c’è lo svuotamento dell’ideale democratico, in una parola della democrazia sostanziale. Le cause della crisi Mario Toso le individua nel
-mercatismo imposto dal capitalismo globale di cui la finanza è la forza motrice, che ha preso il sopravvento sull’industria e non ha responsabilità sociale.
– teorie tecnocratiche secondo cui una società pacificata dall’industria e dalla scienza non ha più bisogno della politica ritenuta luogo delle ideologie, della inconcludenza, del conflitto. I rapporti di convivenza sostituiti da quelli di forza, lo Stato non deve fissare le regole dell’economia, la natura è da depredare, la cultura è centrata più sulla tecnica e la finanza e non sulla persona.
-radicalizzazione individualistica: il privato erode il pubblico, al centro non sta la persona che è sociale e solidale, ma il singolo che nella società globale si trova sovraccarico di responsabilità, senza che il pubblico possa aiutarlo.
Le conseguenze sono il discredito della politica e dei politici, l’astensionismo, la diminuzione degli iscritti ai partiti, la separazione tra élite e società civile, tra istituzioni pubbliche e cittadini, il primato dell’economia sulla politica. In una parola povertà e disuguaglianze crescenti, esclusione, scarto, indifferenza, classe media assottigliata.
Dobbiamo rassegnarci o tentare di risalire la china?
La proposta, che a prima vista può fare solo uno spirito sognatore, ci arriva nientemeno che da papa Francesco: verso una economia fondata sulla logica del dono e della gratuità e non ditegli che è una pura utopia! No, è un progetto, una sfida lanciata da Papa Francesco il 1° maggio 2019 con un messaggio ai giovani economisti, imprenditori e imprenditrici di tutto il mondo, dal titolo “Economy of Francesco”, diventato dal settembre 2024 “Fondazione The economy of Francesco”. Il luogo scelto è Assisi, da secoli “simbolo e messaggio di un umanesimo della fraternità”, per fare “un patto per cambiare l’attuale economia e dare un’anima all’economia di domani”. Un evento che permetta di “studiare e praticare una economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda”. Assisi non è la svizzera Davos, dove si riunisce ogni anno il gotha della politica economica mondiale, Assisi è il luogo dove Francesco, denudandosi pubblicamente davanti al padre, non faceva un atto anti-economico, ma un atto di fondazione di un’economia alternativa. Osserva Stefano Zamagni, professore di economia con al suo attivo una miriade di incarichi e pubblicazioni e, per quanto ci attiene, presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, in una intervista all’indomani della pubblicazione dell’enciclica “Frater Omnes” (3 ottobre 2020) dichiara: “E’ la prima volta nella storia della Chiesa che viene organizzato un evento che ha per tema esclusivamente l’economia. Da sempre la Chiesa, infatti, ha organizzato incontri su temi come la famiglia, l’educazione, ma sull’economia in quanto tale non era mai accaduto.
Quali sono le distorsioni da correggere nel modello dell’economia globalizzata?
Va trasformata, in primo luogo, la finanza, che non agisce più in funzione delle esigenze di benessere delle persone e dei popoli … va affrontato il tema dell’aumento endemico e sistemico delle disuguaglianze, che riguardano sia il reddito sia la ricchezza sia la disuguaglianza nelle opportunità, prima fra tutte la disuguaglianza di genere… C’è da affrontare la questione ambientale, …non ci si può illudere che bastino il buon cuore e i buoni comportamenti dei cittadini… Infine, la questione antropologica: se, in nome dei progressi dell’intelligenza artificiale, sono gli algoritmi e i robot a prendere tutte le decisioni, la conseguenza è la diminuzione degli spazi di libertà”.
A questo punto il vescovo Mario Toso si chiede quali siano allora i tratti dell’economia di San Francesco d’Assisi, che possono essere ritenuti validi ancora oggi. Assisi è un luogo simbolico: è lì che è cominciato il paradigma dell’economia civile, tipicamente italiano. La fraternità universale di Fratelli tutti è un richiamo forte alla costruzione di un mondo dove ci si prenda cura l’uno dell’altro. Questa consapevolezza di base, che si è perduta da lungo tempo, permetterebbe lo sviluppo di nuove proposte per uscire dalla crisi e ricostruire su basi nuove il rapporto tra economia, politica e società.
Iside Cimatti