Utilizzare il linguaggio universale dell’arte per unire luoghi all’apparenza lontani, come l’Italia e l’America Latina. È ciò che riesce a fare l’artista Luz María González Rodríguez, utilizzando la ceramica come mezzo espressivo per gettare un ponte tra il Messico, Paese dove è nata, e Faenza, dove risiede da quarant’anni. L’abbiamo incontrata mentre un’importante mostra retrospettiva, dedicata alla sua carriera in Italia, è ospitata presso la Nishizawa Virtual Gallery della Facoltà di Arte e Design di Città del Messico, dove Rodríguez ha iniziato la sua formazione da artista. Si tratta della prima ex studentessa a presentare lavori realizzati all’estero.

Intervista a Luz María González Rodríguez: “Mi vedo ormai come un’anfora dove l’anima messicana e quella italiana si fondono”

Rodríguez, quando è arrivata a Faenza?

Nel 1982, grazie a una borsa di studio ottenuta in Messico. Potevo scegliere tra la Germania, New York e Faenza e la scelta è ricaduta su quest’ultima per due persone: una mia insegnante, la scultrice austriaca Gerda Gruber, e poi Carlo Zauli, il mio primo contatto diretto a Faenza.

Che persona era Carlo Zauli?

Un’artista eccezionale e una persona molto umile. Fu lui, artista già affermato, a venirmi a prendere all’aeroporto di Bologna, un gesto che non posso dimenticare.

Com’è stato il primo impatto con Faenza?

Non semplice a livello climatico. Al mio arrivo c’era tanta nebbia e per me che sono nata e cresciuta tra la California messicana e Città del Messico non è stato semplice ambientarmi. L’Italia mi ha sempre affascinato, ricercavo le atmosfere viste nei film di Fellini e volevo confrontarmi con la cultura italiana. Sono poi entrata alla scuola di ceramica, che oggi è il Liceo Ballardini, per acquisire le tecniche per lavorare con la ceramica, con l’idea di ritornare in Messico.

Come mai si è fermata a Faenza?

Per amore. Mi sono sposata.

Questa scelta come ha influito sulla sua carriera artistica?

Tantissimo: nelle mie opere c’è una commistione tra lo stile italiano e quello messicano. Mi vedo ormai come un’anfora dove l’anima messicana e quella italiana si fondono. Nelle mie opere c’è un legame forte con le mie origini, ma anche influenze europee ed italiane, dovute alla mia formazione e al mio percorso artistico, ormai quarantennale in questo Paese. Con la mia arte voglio invitare ad entrare in un mondo fantastico, magico, proprio della cultura messicana, ma permeato dallo stile e dalla raffinatezza italiana.

Grazie alla sua arte Faenza è nota anche in Messico?

Sì, ho sempre mantenuto i contatti e ho avuto modo, partecipando a molti eventi culturali di illustrare la ricchezza culturale e artistica dell’Italia e di Faenza. Voglio continuare a gettare ponti, per dimostrare che due culture, apparentemente distanti, possono convergere e dialogare con l’arte.

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In questi giorni la Nishizawa Virtual Gallery ospita la sua mostra retrospettiva “Diálogo de Obra Viva”. Cosa sarà possibile ammirare?

È un’esposizione che condensa i miei quarant’anni di lavoro in Italia e in cui ho cercato di riunire opere chiave della mia produzione artistica. Saranno esposte sculture ceramiche, disegni su carta e ci sarà anche una sezione dedicata alla pittura, che non avevo mai sperimentato prima del mio arrivo in Italia. Ci saranno alcune porcellane, realizzate grazie alla collaborazione con Aida Bertozzi, che ha lavorato a lungo con Carlo Zauli. Il nome della mostra deriva dal fatto che le mie opere sono vive e si lasciano plasmare, creare, instaurando un dialogo tra figurazione ed astrazione. Sarà possibile visitarla fino a febbraio 2025. Il suo contenuto sarà materiale di studio per gli studenti della Facoltà D’arte e Design di Città del Messico.

Nuovi progetti artistici per il futuro?

Anche il mio studio è stato colpito dall’alluvione ma sto ultimando i lavori di ripristino e voglio produrre più opere. In questo momento sto lavorando a un’installazione ceramica, decorata attraverso la pittura.

Samuele Bondi