Greenpeace Italia ha presentato mercoledì 22 gennaio il rapporto nazionale “Acque senza veleni“, pubblicando i risultati del monitoraggio delle acque potabili (prelevate da fontanelle pubbliche) in 235 comuni in tutta Italia.

I dati, presentati dall’organizzazione ambientalista, si basano sulle sostanze inquinanti prese in considerazioni dalle normative italiane ma tengono contro anche di altre sostanze su cui manca di fatto un monitoraggio, tra cui i cosiddetti PFAS.

In particolare, Greenpeace nel suo monitoraggio ne ha cercate 58, incluso il nuovo TFA, che sembra abbondare nelle acque potabili della provincia di Ravenna, Faenza compresa.

Il prelievo a Faenza è stato fatto presso la fontana all’incrocio tra via Marconi e Batticuccolo e non ha dato esiti positivi: la città manfreda è contrassegnata con un preoccupante bollino viola con i suoi 170 ng/l come “somma di Pfas”, di cui 159 ng/l sono TFA, acido trifluoroacetico.

La “somma di Pfas” di Faenza non supera i limiti di legge stabiliti dal D.lgs 18/2023, proprio perché prende in considerazione solo 24 molecole ma non i TFA, sostanza persistente e indistruttibile ma ancora oggetto di approfondimenti scientifici e mai ricercata in Italia.

Altra molecola trovata da Greenpeace nella fontanella di Faenza è il PFBA, acido perfluoro-butanoico
 con 8,7 ng/l, una sostanza PFAS impiegata in varie applicazioni industriali e il principale prodotto di degradazione dell’acido perfluoroottanoico (PFOA).

«Ancora oggi – dichiara Greenpeace – non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei PFAS. Azzerare questa contaminazione è un imperativo non più rinviabile. Il governo Meloni deve rompere il silenzio su questa crisi: la popolazione ha diritto a bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti»