È disponibile su Netflix da pochi giorni la serie ACAB ed è già al primo posto tra quelle più viste in Italia. ACAB (All Cops Are Bastards, tutti gli sbirri sono bastardi) è un capolavoro di scrittura e di regia che racconta, in sei puntate di circa un’ora ciascuna, le asperità e le spigolosità di una squadra del Reparto Mobile di Roma, quella che, per intenderci, è in prima linea ai cortei e agli scontri armati nelle strade e nelle piazze. Quella di Mazinga (Marco Giallini), Marta (Valentina Bellè) e Salvatore (Pierluigi Gigante) non è, però, una squadra come le altre. Al di là del rapporto lavorativo che li lega, sono quasi una famiglia, una sorta di tribù che ha capito che per non farsi schiacciare a Roma è necessario fidarsi del proprio istinto e, in certi casi, adoperare metodi discutibili a costo di sedare una rivolta.
È per questo che quando il nuovo comandante Michele (Adriano Giannini), figlio della polizia più attenta alla società esterna, prova a riorganizzare le fila interne della squadra, va incontro a una vera e propria frattura, scontrandosi con i difensori della vecchia scuola, che non ha alcuna intenzione di piegarsi al nuovo e di rinunciare a certi modi di fare, che fino a quel momento hanno garantito la loro sopravvivenza. In mezzo, però, ci sono le fragilità e i tormenti personali degli agenti e, soprattutto, una nuova ondata di malcontento della gente verso le istituzioni.
Il risultato di questo insieme di sentimenti è proprio ACAB, una serie bella da vedere e che aiuta a riflettere sugli uomini della polizia, i loro sentimenti, le loro emozioni. Il reparto celere è la prima linea dello Stato, quel tipo di polizia che esercita lo strumento della forza. È oggettivo che dopo il G8 di Genova ci sia stato un ripensamento sostanziale su certi modi di fare e la serie ACAB ci aiuta a vederne i vari punti di vista e gli aspetti più profondi dell’umanità di ciascuno dei componenti la squadra. Nel corso della narrazione, tutti i personaggi saranno portati a guardare dentro se stessi e a riconsiderare il proprio ruolo. E per questo aiuta anche noi a capire il nostro posto nella società.
Tiziano Conti