Pubblichiamo di seguito la presentazione del vescovo, monsignor Mario Toso, del vademecum Pellegrini di Speranza, strumento di riflessione e guida in preparazione al Giubileo

La presentazione del vescovo, monsignor Mario Toso

Con il suddetto sussidio si intende coinvolgere tutta la Chiesa che è in Faenza-Modigliana, assieme ai Comuni in cui è articolato il territorio diocesano – c’è una dimensione religiosa e civile del Giubileo -, perché viva coralmente un percorso di conversione e di rinnovamento spirituale e morale.

Non è un caso che l’apertura dell’Anno Giubilare avvenga nel contesto del Natale e alla vigilia di un Nuovo anno, il 2025.

Tutti i credenti sanno che con il Natale, ossia con la venuta, nell’umanità e nella storia, del Bambino Gesù, che ci unisce alla sua vita, Dio intende dare inizio ad una nuova creazione, a un mondo nuovo: nelle persone, nelle relazioni, nelle istituzioni, nella cultura, nelle comunicazioni, nella Chiesa e nella società. L’anno Giubilare, che era una tradizione dell’Antico Testamento, è stato ripreso dalla Chiesa cattolica fin dal 1300 da papa Bonifacio VIII, che lo voleva ogni secolo. Successivamente venne pensato ogni 33 anni, l’età di Gesù Cristo, sino a volerlo ogni 25 anni. Con ciò la Chiesa cattolica ha inteso trapiantare la tradizione del Giubileo ebraico dentro la sua missione di evangelizzazione, di divinizzazione, di liberazione e di umanizzazione. Detto altrimenti, la Chiesa cattolica ha immesso la tradizione dell’Anno santo entro l’oceano di vita del mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione di Cristo, aprendola alle immense potenzialità proprie dell’assoluto umano-divino del Figlio di Dio accolto, celebrato, testimoniato.

L’origine del Giubileo

Così, papa Francesco ci parla dell’anno Giubilare nel recente Messaggio per la giornata mondiale della Pace del 1° gennaio 2025: «Il “giubileo” risale a un’antica tradizione giudaica, quando il suono di un corno di ariete (in ebraico yobel) ogni quarantanove anni ne annunciava uno di clemenza e liberazione per tutto il popolo (cf Lv 25,10). Questo solenne appello doveva idealmente riecheggiare per tutto il mondo (cf Lv 25,9), per ristabilire la giustizia di Dio in diversi ambiti della vita: nell’uso della terra, nel possesso dei beni, nella relazione con il prossimo, soprattutto nei confronti dei più poveri e di chi era caduto in disgrazia. Il suono del corno ricordava a tutto il popolo, a chi fosse ricco e a chi si era impoverito, che nessuna persona viene al mondo per essere oppressa: siamo fratelli e sorelle, figli dello stesso Padre, nati per essere liberi secondo la volontà del Signore (cf Lv 25,17.25.43.46.55)». «Anche oggi, il Giubileo – aggiunge papa Francesco – è un evento che ci spinge a ricercare la giustizia liberante di Dio su tutta la terra. Al posto del corno, all’inizio di quest’Anno di Grazia, noi vorremmo metterci in ascolto del “grido disperato di aiuto” che, come la voce del sangue di Abele il giusto, si leva da più parti della terra (cf Gen 4,10) e che Dio non smette mai di ascoltare. A nostra volta, ci sentiamo chiamati a farci voce di tante situazioni di sfruttamento della terra e di oppressione del prossimo. Tali ingiustizie assumono a volte l’aspetto di quelle che S. Giovanni Paolo II definì “strutture di peccato”, poiché non sono dovute soltanto all’iniquità di alcuni, ma si sono per così dire consolidate e si reggono su una complicità estesa. Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune, a partire da quelle azioni che, anche solo indirettamente, alimentano i conflitti che stanno flagellando l’umanità. Si fomentano e si intrecciano, così, sfide sistemiche, distinte ma interconnesse, che affliggono il nostro pianeta. Mi riferisco, in particolare, alle disparità di ogni sorta, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare. Sono tutti fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità».

Giustizia sociale e costruzione della pace

Dalle parole di papa Francesco possiamo ricavare alcune direttrici della liberazione e dell’umanizzazione che siamo chiamati a tradurre in azioni di giustizia sociale e di costruzione della pace, per realizzare la novità di vita che Cristo è venuto a seminare sulla terra.

Ciò premesso, siamo qui per presentare il sussidio Pellegrini di speranza per celebrare il Giubileo che Papa Francesco ha indetto con la bolla Spes non confundit. Il Sussidio si divide in diverse parti, già segnalate dalla scheda predisposta dal nostro giornale diocesano Il Piccolo. Mi limito, allora, ad evidenziare che siamo tutti invitati ad entrare nello spirito del Giubileo che propone un profondo cambio di vita personale e comunitaria, mediante quella conversione che ci fa accogliere, celebrare, testimoniare l’amore misericordioso di Dio, che è fonte inesauribile di speranza. Il Giubileo, in definitiva, intende rimetterci in movimento come popolo, aperto alla speranza, che vive e pone segni concreti di speranza per l’umanità.

I santi, volti di speranza

Per chi accetta di riconoscersi popolo pellegrino di speranza è importante avere di fronte dei segni-volti di speranza, che ci dicono la possibilità e la sperimentabilità concrete della stessa speranza, a cominciare da quello di Gesù Cristo, la Porta che ci introduce nell’esperienza viva dell’amore di Dio; per giungere a contemplare i volti dei santi, dei beati, dei venerabili, dei servi di Dio della nostra Diocesi di Faenza-Modigliana. Nel Sussidio, dunque, sono presentati, in maniera sintetica, i volti della speranza, che nel nostro cammino sinodale di pellegrini verso il compimento del Regno di Dio, ci accompagnano e ci incoraggiano nei nostri percorsi di impegno. Dal punto di vista educativo è senz’altro fondamentale indicare, in particolare alle nuove generazioni, i segni-volti di speranza da cui è costituita la nostra comunità diocesana, mediante diverse iniziative, come andare insieme, quando possibile, al loro paese natio, facendo incontrare persone che li hanno conosciuti, pregati, imitati e ne sono stati beneficati.

Mi limito a segnalare che nella teoria dei segni-volti di speranza, che costituiscono un firmamento di stelle – di qui l’immagine della copertina del Sussidio –, abbiamo pensato di inserire fra Guglielmo Gattiani, cappuccino, che è vissuto per parecchi anni qui a Faenza presso il Convento dei frati Cappuccini. Così abbiamo posto suor Costanza Zauli, nata a Faenza, dichiarata venerabile lo scorso 20 giugno 2024.

I segni e buone pratiche di speranza

Nel Sussidio si trovano, dopo i volti della speranza, i segni o buone pratiche della speranza. Essi rappresentano iniziative e nuove istituzioni, in germe o già parzialmente consolidate, che mostrano linee di conversione, di cambiamento, dal punto di vista pastorale ed educativo, che costituiscono se non cause esemplari, motivi di credere che nuove primavere sono possibili. Senz’altro un segno di speranza può essere rappresentato dalla recentissima donazione della Chiesa dei Santi Rocco e Francesco di Paola dalla Diocesi di Faenza-Modigliana alla Diocesi Ortodossa Romena d’Italia. Una tale donazione è chiaramente una forma concretissima, non solo dichiarata, di dialogo interreligioso in un tempo in cui i cristiani, a pochi chilometri da noi, stanno combattendo una guerra fratricida.

                                                   + Mario Toso