Da oltre un anno la guerra a Gaza e le dure restrizioni imposte da Israele hanno spento ogni luce di festa a Betlemme e nei centri limitrofi. Niente alberi decorati, nessuna luminaria, zero pellegrini, hotel e negozi di souvenir con le saracinesche abbassate ovunque e la Basilica della Natività, che attirava ogni anno migliaia di pellegrini è deserta. È il secondo Natale consecutivo ‘spento’, paradossalmente laddove tutto è cominciato. La maggior parte dei cristiani locali impiegata nel settore del turismo religioso– quelli che sono rimasti, perchè in molti hanno preferito trasferirsi altrove in attesa di tempi migliori – è senza lavoro, senza aiuti né sussidi dall’Autorità nazionale palestinese. Uno dei tanti effetti collaterali della guerra, di cui si parla ancora troppo poco.

Nonostante tutto c’è chi resiste come Mahera Nassar Ghareeb, in visita a Faenza

Abbiamo incontrato Mahera Nassar Ghareeb, direttrice di Ma’an li’Hayat, un progetto internazionale dedicato alle persone con disabilità, e presidente di Samidun, organizzazione che offre opportunità di lavoro alle donne palestinesi. Ghareeb è venuta a Faenza, ospite del festival Semi di futuro, non solo per fare conoscere l’artigianato locale, ma soprattutto per tenere i riflettori accesi su una realtà che rischia di essere dimenticata. «Con Ma’an li’Hayat ci dedichiamo a creare un ambiente inclusivo per le persone con disabilità – racconta, mentre mostra ai faentini i tanti prodotti di artigianato locale -, organizzando attività quotidiane che includono la realizzazione di oggetti artigianali in pelle. Vendiamo questi prodotti per sostenere l’organizzazione e garantire la sua continuità». Parallelamente, con Samidun, si lavora a progetti di ricamo tradizionale palestinese, applicato su pelle e t-shirt, per promuovere la cultura locale e offrire una fonte di reddito alle donne. Ma’an li’Hayat e Samidun affrontano oggi una sfida cruciale a causa della guerra. «Betlemme dipende fortemente dal turismo – spiega Mahera -. Dal 7 ottobre dello scorso anno , con la chiusura di hotel, ristoranti e negozi di souvenir, molte persone si trovano senza lavoro e senza sostentamento».

Il turismo, fonte principale di sostentamento per le famiglie di Betlemme

Il turismo è sempre stato una risorsa vitale per la città. La mancanza di visitatori ha avuto un impatto devastante sull’economia locale e sulle organizzazioni come Ma’an li’Hayat, che contano su queste entrate per sostenersi. Nonostante le difficoltà, la volontà di non arrendersi è più forte. «Stiamo cercando di farci conoscere anche fuori dalla Palestina – precisa -. La nostra visita a Faenza non è solo un’occasione per vendere i prodotti locali, ma anche per sensibilizzare la comunità internazionale sulla nostra realtà». La vendita online è un altro strumento essenziale. «Spediamo i nostri manufatti in tutto il mondo, dall’Europa agli Stati Uniti, fino all’Australia. I clienti ricevono i loro ordini in circa una settimana e questo ci permette di mantenere viva l’attività. Desidero ringraziare la comunità faentina e tutte le persone che hanno reso possibile il mio viaggio qui – conclude -. Questo tipo di sostegno è fondamentale non solo per la nostra organizzazione, ma per tutta la società di Betlemme».

Barbara Fichera