Da dove partire per dare un futuro ai piccoli borghi? Forse da qualcosa di semplice: contare il tempo perso. Ogni giorno, sui binari della linea faentina, da Marradi verso Faenza, si aspettano treni che accumulano venti, trenta, quaranta minuti di ritardo, o anche di più. E così, il disagio si trasforma in una certezza: non si può parlare di lotta allo spopolamento montano se i cittadini continuano a vivere nell’incertezza quotidiana. Ce lo hanno raccontato bene i genitori di Marradi in una loro lettera.
«Sai quando esci di casa, ma non sai quando tornerai»: è una frase che ripetono i giovani della Valle del Lamone quando partono di prima mattina verso Faenza. Alcuni di loro vedono già il proprio futuro altrove, convinti che qui manchino opportunità. Ma queste non cadono dal cielo: si costruiscono. Serve un impegno corale. Le istituzioni devono alzare la voce e risolvere il problema dei treni, senza il quale è inutile progettare un futuro dignitoso.
E poi tocca anche a ognuno noi, con il suo passo, fare la propria parte: chi offrendo il proprio tempo per la comunità senza pregiudizi, chi prestando in servizio in parrocchia, chi mettendosi in gioco con nuove idee e progetti, lavorativi e non, per rompere gli schemi e sognare un futuro diverso per il proprio paese. Ma bisogna partire, intanto. Da piccoli passi concreti che possano generare il cambiamento attorno. Sperimentando, sbagliando, correggendo la rotta.
Se si aspetta il grande piano “perfetto” calato dall’alto, si rischia di restare come i pendolari sui binari: fermi, ad attendere un treno che arriverà, puntualmente, in ritardo.
Samuele Marchi