Vangelo di domenica 3 novembre. Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12, 28b-34)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele. Il Signore nostro Dio è l’unico Signore, amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Il commento di don Federico Emaldi

La domanda a Gesù è posta da uno scriba, quindi da qualcuno esperto nella Scrittura, che legge, insegna, indica la via: sappiamo molto bene però che i rapporti tra Gesù ed “esperti” della Legge non sono sempre dei migliori, e che tante delle loro domande nascondono trabocchetti… Sono tante le persone incontrate da Gesù lungo il suo cammino e qualcuno di loro vorrebbe proprio che – grazie a quelle domande – il Maestro di Nazareth si collocasse dalla parte sbagliata, che dicesse una parola sgradita alle folle o ai potenti, una parola che non suoni sempre vera come invece suonano i suoi discorsi (a differenza di quelli di scribi o farisei o dottori della Legge, che sembrano ripetere cose note senza crederci, e spesso indicano una via sulla quale loro non camminano affatto).

Questo uomo, di per sé, fa una vera e propria richiesta, anche più che legittima: nella Legge ci sono tanti comandi positivi e parecchi sono quelli negativi, un fare ed un non fare che è molto più ampio dei soli dieci Comandamenti trascritti sulle tavole di pietra; ma insieme alla curiosità sul: «Da dove inizio? Cosa è più importante?» possiamo immaginare che speri che Gesù, rispondendo di fretta oppure sovrappensiero, possa finalmente mostrare il fianco ad una accusa che lo metta in cattiva luce, che permetta a lui (a loro) di sminuirne l’importanza agli occhi dei troppi che lo stanno seguendo.

La risposta arriva subito, ed è veramente buona (anche chi sperava di metterlo in difficoltà deve ammetterlo): è davvero interessante questa personalissima sintesi che Gesù ha operato nella sua profonda conoscenza della Scrittura, e dal suo rapporto con il Padre fa scaturire una bella opportunità per apprezzare come la Legge, prima di essere un comando o un divieto, è una possibilità. “Amerai”, ci consegna il Figlio, così come il Padre aveva anteposto un altro verbo alla lista del Decalogo: “Ascolta”.

“Ascolta”, aveva ordinato il Padre al suo popolo nel deserto. “Ama” raccomanda il Figlio a colui che sta cercando una strada per seguire Dio. Ascoltare ed amare, mettersi in ascolto di una voce per potersene innamorare, perché il rapporto col Padre e la sequela del Figlio non siano abbandonati alla selva delle cose da non fare o da fare, ma sia un vero rapporto, uno sguardo che si fissa in uno sguardo innamorato.

Si tratta del dono immenso ricevuto dal Figlio fatto servo di tutti, affinché noi possiamo diventare figli, scoprendo di essere amati da sempre, senza bisogno di “fare” nulla: per questo tutte le volte che ci raduniamo diciamo grazie, facciamo Eucaristia appunto, e chiediamo allo Spirito che ci sostenga e ci insegni – settimana dopo settimana, giorno dopo giorno – a dire con verità questo nostro grazie che unito a quello del Cristo salga al Padre dei cieli.