«Al Signore non importa dei nostri soldi. Egli ci chiede la nostra stessa vita, tutta intera, non gli “spiccioli”, non gli avanzi, il superfluo. La vedova mette nel tesoro del Tempio tutto quanto aveva per vivere. E così facendo dona a Dio più di tutti, anche di chi aveva elargito offerte ben più consistenti della sua». Con il commento al brano evangelico della “povera vedova” il vescovo monsignor Mario Toso ha aperto la sua omelia a Tredozio alla messa conclusiva della visita all’Unità pastorale di Modigliana.

“Urgente non solo ricostruire muri ma ripartire dalle pietre vive”

«Viene, allora, a questo punto, cioè rispetto alle urgenze che caratterizzano il territorio dell’Unità pastorale – dopo le alluvioni e il terremoto, che sollecitano non solo alla riparazione delle chiese fatte di pietre e rese inagibili, ma anche a una rinascita morale e spirituale delle nostre comunità ancora frastornate dai tragici eventi e dalle gravi calamità -, spontaneo porsi la domanda: rispetto all’impegno di favorire, nel territorio dell’Unità Pastorale la ricostruzione degli edifici, delle infrastrutture, nonché la prevenzione e la messa in sicurezza dei fiumi sono più commisurate, o adatte, le persone come l’umile vedova che dona al tempio, alla comunità, tutta se stessa e quello che possiede o sono più utili le persone quali i farisei, presentati da Gesù come superbi, avidi, ipocriti? La risposta alla domanda non è difficile da trovare. In questa fase storica – ha proseguito monsignor Toso -, in cui è necessario non solo ricostruire i muri di mattoni, gli edifici, ma è soprattutto urgente compaginare e rafforzare le comunità formate da pietre vive e scelte».

“La priorità è formare persone nuove”

«Oltre a essere tutti concordi e a operare insieme, non possiamo dimenticare la priorità di formare persone nuove, che hanno un cuore umile, pieno di amore per Dio, come lo ebbe la vedova di cui ci ha parlato Gesù. Operiamo affinché le nuove generazioni sappiano scoprire il sogno di Dio su di loro, la loro vocazione di discepoli che sanno seguire Gesù con tutto il loro cuore. Occorre senz’altro spendersi per ristrutturare e per preservare gli edifici delle chiese e dei luoghi comunitari, nel minor tempo possibile. Ma la principale sollecitudine delle nostre comunità parrocchiali dovrà essere quella di non essere sempre più esigue, senza cristiani autentici, senza veri missionari. Oltre ai muri, bisognerà “ricostruire le persone”, far crescere le persone nella loro dimensione spirituale e morale».

“La comunità parrocchiale come luogo privilegiato di relazione”

Il vescovo ha illustrato come il recente Sinodo della Chiesa universale abbia sintetizzato le priorità della parrocchia secondo alcune linee. «La comunità parrocchiale – ha detto il vescovo – che si incontra nella celebrazione dell’Eucaristia, è luogo privilegiato di relazioni, accoglienza, discernimento e missione. I cambiamenti nella concezione e nel modo di vivere il rapporto con il territorio chiedono di ricomprenderne la configurazione. Ciò che la caratterizza è essere una proposta di comunità su base non elettiva. Vi si radunano persone di diversa generazione, professione, provenienza geografica, classe sociale e condizione di vita. Per rispondere alle nuove esigenze della missione è chiamata ad aprirsi a forme inedite di azione pastorale che tengano conto della mobilità delle persone e del “territorio esistenziale” in cui si sviluppa la loro vita. Promuovendo in modo particolare l’Iniziazione Cristiana e offrendo accompagnamento e formazione, sarà capace di sostenere le persone nelle diverse fasi della vita e nel compimento della loro missione nel mondo. Apparirà così più chiaramente che la Parrocchia non è centrata su sé stessa, ma orientata alla missione e chiamata a sostenere l’impegno di tante persone che in modi diversi vivono e testimoniano la loro fede nella professione e nell’attività sociale, culturale, politica» (Documento finale del Sinodo, 117). Il vescovo Mario ha citato questo numero del Documento finale poiché sintetizza le linee programmatiche per il futuro, come aveva già avuto modo di ribadire nella Visita pastorale alla comunità: «L’importanza dell’unità, del concepirsi in rete con le altre comunità all’interno del contesto diocesano – ha sottolineato -. La necessità di uno sguardo creativo ed estroverso in ordine alla missione; l’importanza di uno sviluppo continuo dei carismi laicali (che possono esprimersi anche in ministeri istituiti e nei gruppi ministeriali); l’accompagnamento spirituale delle persone, in particolare dei giovani».

“Non possiamo aspettare che le vocazioni cadano dall’alto”

Queste sono sfide che non potranno essere ignorate. «Su di esse si deciderà il futuro della presenza della Chiesa anche in questo territorio», ha ribadito il presule. «Vorrei essere esplicito, per evitare fraintendimenti e dannosi ritardi pastorali – ha aggiunto -. Non possiamo aspettare che la soluzione al trend delle vocazioni cada dall’alto, che sia risolta con alcune toppe, messe in atto in maniera disordinata e saltuaria. Il futuro della presenza di una parrocchia stabile in questo territorio dipenderà dalla nostra capacità di suscitare la fede e di nutrirla con generosità e pazienza, dedicando il nostro tempo, offrendo una formazione approfondita, dando la testimonianza di una vita trasfigurata dalla celebrazione dei sacramenti e dalla carità, da cuori accesi dall’amore di Cristo».
«C’è bisogno di un nuovo protagonismo da parte di ogni componente della comunità – è stata l’esortazione finale – nessuno escluso. Dal parroco, all’ultimo dei battezzati, occorre sentirci tutti insieme corresponsabili della vita della parrocchia, della vita della Chiesa. Il mondo senza Vangelo è senza speranza. Senza la luce del Signore, non solo non è possibile vedere, ma non è possibile vivere e amare. “Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (GS 22). Siamo luce del mondo con le forze vivificanti del Vangelo».