Il faentino Stefano Bertozzi, candidato di Fratelli d’Italia alle recenti elezioni regionali, ha raccolto 2.666 preferenze nella provincia di Ravenna, un risultato significativo, ma non sufficiente per garantirgli un seggio in consiglio regionale. A bocce ferme, Bertozzi riflette sulla sconfitta del centrodestra, analizzando criticità e opportunità future, anche in vista delle prossime elezioni comunali di Faenza.

Intervista a Stefano Bertozzi: “A livello personale sono soddisfatto, ma la domanda che tutti devono porsi è: ‘ci abbiamo creduto davvero?'”

Bertozzi, un risultato personale positivo, ma non abbastanza per essere eletto. Come vive questa esperienza?

Dal punto di vista personale, sono soddisfatto. È stato un riconoscimento importante, soprattutto nel territorio della Romagna faentina, dove ho lavorato negli ultimi quattro anni. Da allora era la prima volta che mi confrontavo direttamente con gli elettori e posso dire che la politica che ho portato avanti è stata apprezzata. Purtroppo, però, non è bastato. A Ravenna e Lugo, dove il bacino di voti è più ampio, ho avuto meno tempo da dedicare alla campagna elettorale: la mia candidatura è partita solo a fine settembre, in ritardo rispetto a quella di altri candidati. Penso al mio amico e competitor all’interno di Fratelli d’Italia, Alberto Ferrero, che era già operativo un mese prima di me.
In tutto questo, è un peccato che la Romagna faentina non abbia più una rappresentanza, a livello d’opposizione, in consiglio regionale. Per la ripartenza post-alluvione non è un fatto secondario.

Il centrodestra non è riuscito a scardinare l’egemonia del centrosinistra. Qual è la sua analisi?

Andrebbe posta una domanda chiave: ci abbiamo creduto davvero? Io sì, ma non posso dire lo stesso per tutti. A livello nazionale il sostegno è stato tiepido, e a livello locale il messaggio non ha avuto la forza necessaria. Qualcuno ha criticato il fatto che abbiamo parlato troppo di alluvione, ma la gestione della ricostruzione era un tema centrale e inevitabile. Non possiamo limitarci poi a dire che la catastrofe non si poteva evitare; occorreva individuare responsabilità e soluzioni. La politica ha il compito di dimostrare che i fondi disponibili vengono utilizzati correttamente.

E sulla scelta dei candidati?

È stata una battaglia che ho portato avanti all’interno del mio partito: ho sempre spinto sul fatto di presentare una lista con quattro candidati competenti e rappresentativi dei vari territori. Questa visione non è passata subito, e a lungo si è dibattuto se privilegiare invece una lista al servizio del capolista. Ci tengo a precisare che senza i voti raccolti nella Romagna faentina, Fratelli d’Italia non avrebbe avuto alcun consigliere regionale. Dobbiamo imparare da questo: candidati radicati e competizione interna stimolano il consenso. Per il futuro, il centrodestra deve puntare su figure di qualità, capaci di essere credibili agli occhi degli elettori.

Un tema è anche quella del candidato civico alla guida della coalizione. In diversi sostengono sia una scelta che non paga.

Non condivido quanto sostenuto per esempio dal mio amico faentino candidato con i civici, Massimiliano Zoli. La politica partitica non è un male, a patto che sia fatta bene, Non è quello il punto. Mi fa strano sentire certe dichiarazioni da parte di un civico che per anni ha considerato il consiglio comunale qualcosa di inutile. Detto questo, non importa se un candidato è civico o politico; ciò che conta sono le proposte concrete. Per Faenza dobbiamo partire dai contenuti: siamo capaci come centrodestra di offrire un’alternativa credibile? Questo è il nodo cruciale.

Guardando al futuro, cosa dovrebbe fare il centrodestra per prepararsi alle comunali di Faenza?

Servono idee chiare e un nuovo approccio. La proposta delle primarie del centrodestra, lanciata da Gabriele Padovani di Area liberale, è interessante. Riavvicinerebbe i cittadini alla politica e ci permetterebbe di individuare il miglior candidato. Faenza ha bisogno di un’amministrazione capace di gestire temi chiave come la sicurezza, la sanità territoriale e l’efficienza delle partecipate. L’attuale sistema delle partecipate, con l’Asp della Romagna Faentina, drena risorse senza garantire risultati adeguati. Per non parlare della gestione dei fondi del Pnrr: dobbiamo sfruttarli al meglio, ad esempio per valorizzare il Palazzo delle Esposizioni o il Palazzo del Podestà, su cui al momento non c’è alcun progetto a livello di contenuto, solo come contenitori. Il bilancio del Comune, al massimo della capacità fiscale, richiede scelte innovative per garantire efficienza.

Qual è il suo ruolo in questa prospettiva?

Non ho ambizioni personali, ma credo che Faenza abbia bisogno di una nuova amministrazione. Continuerò a lavorare per portare proposte e critiche costruttive, concentrandomi sulle vere priorità della città. Sono convinto che il centrodestra possa offrire un governo alternativo, ma dobbiamo essere all’altezza delle aspettative.

Conclusioni?

L’astensionismo, che ha toccato il 50%, è un segnale di sfiducia che coinvolge tutti. La politica deve tornare a dare risposte concrete, partendo dalle esigenze reali del territorio. Solo così possiamo riavvicinare i cittadini e costruire un futuro migliore per Faenza e l’intera Romagna.

Samuele Marchi