«Ogni giorno assistiamo a una continua escalation, di violenza e di dominio, dove si cerca di imporre un’idea violenta di potere, di autorità, di sovranità. La solennità di Cristo Re dell’Universo ci mostra la vera regalità: “Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” dice Gesù a Pilato. Mentre è arrestato, sottoposto a un giudizio ingiusto, noi riconosciamo che Colui che testimonia la verità è più re di Cesare. Ancora una volta, il crocifisso e risorto ci insegna che per noi cristiani, l’autorità, il potere, la regalità, sono un servizio per il bene comune, il bene di tutti. L’autorità (dal latino augere, far crescere) è posta a servizio dell’“aumento” degli altri, della loro crescita, non solo di noi stessi o dei nostri amici». Con queste parole il vescovo, monsignor Mario Toso, ha aperto la sua omelia, sabato scorso, al termine della Visita all’Unità pastorale di Cotignola (che comprende anche le parrocchie di San Severo e Cassanigo). «In questo si riconosce la peculiarità della regalità di Cristo – ha specificato il vescovo -: lui si è incarnato, è morto, è risorto, per portare a compimento tutta la creazione, tutta la storia».
Siamo chiamati a realizzare una continua conversione pastorale e spirituale
Sul piano ecclesiale, in particolare sul piano dell’Unità pastorale in cui ci troviamo, monsignor Toso ha sottolineato «che dobbiamo impegnare tutte le comunità in una reale comunione con Cristo, l’unico Amore che redime integralmente. A partire dalla globalità della redenzione di Cristo possiamo pensare correttamente la continua conversione pastorale e spirituale che siamo chiamati a realizzare. Si tratta di una conversione che implica la corresponsabilità di tutti – comunità, uomini e donne, bambini e anziani -, nel vivere l’amore trasfiguratore di Cristo». «Tutta la Chiesa, tutti i battezzati – ha continuato il vescovo – devono riscoprirsi discepoli missionari, chiamati a portare a tutti il buon annuncio del Vangelo. Fede e cultura, fede e ragione, fede e vita: non possiamo tenere questi ambiti separati fra di loro. Siamo chiamati a far maturare un’autentica cultura evangelica, un pensiero nuovo, che concernono ogni persona, tutta la persona, a partire dalla vita in Gesù, dalla sua pienezza. È una fede autentica che, a fronte della complessità dell’odierna società e del nihilismo, ci sollecita a rispondere della speranza che è in noi. La vita di fede in Gesù sollecita a un impegno nelle realtà terrene finalizzato non a comprimere l’autonomia e la libertà ma ad ampliarle. Con l’apporto delle vivificanti prospettive del Vangelo, l’autonomia e la libertà sono accresciute: il fine della redenzione è il compimento, mediante la ricapitolazione di tutte le cose in Cristo».
“Vi porterò tutti nel cuore”
Vivere assegnando il primato al Signore e al suo insegnamento per il vescovo ci conduce a rivedere l’insieme delle nostre strutture secondo le esigenze dell’evangelizzazione nella società di oggi. «Possiamo usare l’immagine della “dieta”- ha detto -: abbiamo bisogno di una Chiesa più snella, più agile, più dinamica nell’affrontare le sfide culturali, sociali, politiche di questo tempo. Le nostre comunità non sono in grado di portare i pesi di grandi strutture per di più gravate dall’autorità pubblica con balzelli ingiusti». «Non si tratta di una Chiesa più fluida, appiattita sulle mode passeggere del mondo – ha specificato -: come discepoli del Risorto non siamo del mondo, ma nel mondo. Siamo, allora, nel mondo non con la logica della regalità egocentrica e narcisistica del consumismo, ma secondo la logica del Signore. Siamo in mezzo a una società che non riconosce la Chiesa come germe di un Regno nuovo. In mezzo a un numero crescente di indifferenti e di scettici nei confronti di Dio siamo come il lievito che silenziosamente fa crescere tutta la pasta. Il mondo ha bisogno del Vangelo. La vita e la storia possono cambiare in senso positivo solo se incontriamo Gesù Cristo, e come i magi ci inchiniamo e lo adoriamo.
Siamo, dunque, corresponsabili della regalità del Signore. Ricreiamo il mondo, che per incuria e avidità dell’uomo può essere distrutto. Pensando all’impegno di Cristo che si incarna per rigenerare l’umanità, pensiamo a tutti coloro che sono stati gravemente colpiti dalla seconda alluvione, alcuni dei quali ho incontrato due giorni fa. Preghiamo per loro, per tutti gli alluvionati, non solo della nostra Diocesi». Al termine della Visita pastorale, il vescovo ha assicurato «che porterà tutti nel proprio cuore, specie i bambini e gli anziani. Ringrazio i vostri solerti parroci don Stefano e don Dante e i loro collaboratori, non ultimi i sacerdoti della Comunità dell’Opera S. Maria della Luce don Michel e don Jean Romain».