Poco meno di mille abitanti e una vita che fino alla notte tra il 18 e il 19 settembre ruotava intorno a quattro luoghi: il bar, la parrucchiera, la parrocchia e l’alimentari, che fungeva anche da edicola e tabaccheria. Negozi d’altri tempi, dove «entravi e trovavi di tutto, sorriso compreso» come racconta Annalisa Guerrini che insieme a Monica Cortesi gestisce l’attività da quasi 27 anni. «Da noi entravi e trovavi l’impensabile» ricorda, fino a quando la furia di acqua e fango ha travolto ogni cosa. Il bilancio dell’alluvione a Traversara parla di una casa completamente rasa al suolo, cinque abitazioni squarciate, altre forse non più agibili, perché l’acqua ha scavato fino alle fondamenta, per un totale di una ventina di case con danni gravi. A questo si aggiunge il fatto che nella zona rossa fino a metà novembre mancherà il metano, così anche chi potrebbe rientrare in casa non lo fa.
“Siamo il polmone del paese”
Il paese adesso è a rischio abbandono. Durante il giorno, al momento a farla da padrone sono mezzi pesanti e ruspe. «La gente è disorientata e avvilita come noi – racconta Annalisa Guerrini -. Ci hanno pregato di riaprire l’attività, perchè siamo considerate il polmone del paese». In una frazione così piccola, bar e negozi diventano un punto di incontro tra le persone, un luogo familiare dove scambiare due chiacchiere. «L’acqua per fortuna è entrata lentamente fino a raggiungere un metro e venti di altezza – ricorda Annalisa -.
La vetrina è esplosa, mentre ha tenuto la saracinesca. Ovviamente tutto è andato. Meno male che le scaffalature non si son ribaltate. Abbiamo perso il bancone di cinque metri con i salumi, forse i frigoriferi saranno recuperabili, ma l’arredo è distrutto e il magazzino sottosopra. Una ditta di Bergamo ci ha offerto la saracinesca nuova. Già chiudere l’ingresso è un piccolo passo».
“Abbiamo riaperto da accampate”
Annalisa e Monica hanno riaperto da poco. «Ovviamente da accampate: abbiamo una sistemazione assolutamente provvisoria. Ci hanno prestato frigo e tavoli, in attesa che arrivino un pò di aiuti per riacquistare l’arredo ». Ad ogni pioggia però la paura è tanta “anche perchè qui, purtroppo, scatta subito l’allerta – aggiunge Annalisa -. A 50 anni mi rimetto in gioco, sperando di non fare sacrifici per nulla e che gli aiuti arrivino, non solo a parole». I toni e i modi sono pacati. «Mi accontenterei che lo Stato mettesse in sicurezza il territorio. Il corso del fiume va tenuto pulito, non è possibile andare avanti così. La nostra è una regione produttiva e certe zone vanno tutelate. Non ci possono essere tonnellate di tronchi da sedici mesi nei fiumi, senza che nessuno faccia niente». Anche nel caso di Annalisa il grosso degli aiuti è arrivato da privati e associazioni, ma «lo Stato è assente – afferma -. Vengono, guardano, vanno e non succede niente. Molti qui non hanno più la casa a causa dell’incuria di qualcuno che doveva tenere pulito e non l’ha fatto. È da un anno ormai che ripetiamo che il rischio della rottura dell’argine in quel punto è alto. Era una catastrofe annunciata: c’erano tappi di legna nel fiume e nessuno ha fatto nulla». Annalisa non ha avuto solo l’attività distrutta. Vive con il marito e due figli a Boncellino e lì ha subito tre alluvioni. «Ho una casa del 1880 che non ha mai visto un filo d’acqua in più di 140 anni di storia. Ci siamo rimboccati le maniche con tanti aiuti di volontari e poco dallo Stato. Abbiamo ricevuto 5 mila euro dal Comune per la casa e altrettanti per l’auto (ma ne abbiamo perse due) a fronte di una spesa di oltre 40 mila euro. Non mi aspetto molto, ma almeno che ci si possa sentire sicuri in casa propria».
Barbara Fichera