E’ arrivata a Marina Romea l’acqua del Lamone, con tutte le persone che oggi l’hanno “accompagnata” nella staffetta di preghiera e riflessione per la Giornata del Creato partita questa mattina dal passo della Colla per l’iniziativa “Spera e Agisci. con il creato: in bicicletta dalle sorgenti alla foce del Lamone” organizzata dalle Pastorali sociali delle Diocesi di Ravenna-Cervia e di Faenza-Modigliana. In bicicletta sul grande fiume per riflettere sul rapporto dell’uomo con il Creato lì dove esso ha mostrato le sue ferite più dolorose: questo era l’obiettivo.

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L‘acqua del Lamone, quella che tanti danni ha fatto l’anno scorso durante l’alluvione, è stata usata per benedire le persone: un gesto più che mai significativo che racconta di quale responsabilità abbiamo, a partire dal dono di Dio, nel trasformare le difficoltà n opportunità. Tra le tappe che i pellegrini hanno fatto, il monumento in ricordo dell’eccidio di Crespino, la messa a San Cassiano presieduta da don Mirko Santandrea, la visita all’antica pieve Tho di Brisighella, il ristoro al convento dei frati di San Francesco a Faenza. Poi si è proseguito nella “Bassa” fino alle foci del Lamone.

A benedire chi ha partecipato alla preghiera ecumenica che ha concluso la Giornata, nella chiesa dell’Assunta di Marina Romea, è stato l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni con il vescovo di Faenza-Modigliana, monsignor Mario Toso, assieme a don Mirko Santandrea e i rappresentanti delle comunità ortodosse e greco-cattoliche del territorio: padre Dan Vesea, padre Alexei, Volodymyr Voloshyn. A organizzare la celebrazione, con Luciano di Buò, direttore della Pastorale sociale di Ravenna e Flavio Venturi, suo omologo di Faenza, Coldiretti, il Corpo dei Carabinieri forestali e le Acli.

Le parole di monsignor Toso: “La terra è affidata all’uomo, ma resta a Dio”

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Nei suoi saluti, il vescovo monsignor Mario Toso ha ringraziato tutti coloro che hanno promosso e realizzato la celebrazione della Giornata del creato. “Mi sia permessa una semplice sottolineatura – ha aggiunto -. Come avrete avuto modo di percepire, il Messaggio di Papa Francesco ci ha sollecitati a sperare e ad agire con il creato secondo lo specifico della nostra identità, in quanto persone inabitate dallo Spirito santo, Spirito di amore e di verità insieme. Ciò viene indicato come metodo di approccio e di discernimento peculiare, per saper meglio leggere il grido della terra e dei poveri, ma anche i germi di speranza, di cura e di rinascita. Non dimentichiamo che il nostro apporto nella soluzione dei problemi ecologici e della cura del creato, come di altri, deve far leva su quanto è più tipico del nostro essere credenti. Solo così sarà possibile offrire un apporto unico ed arricchente, maggiormente rispondente alle urgenze della casa comune, creata da Dio e inabitata misteriosamente dal Risorto, che la orienta ad un destino di pienezza (cf Francesco, Laudate Deum, n. 64). Il Messaggio di Papa Francesco «Spera ed agisci con il creato» pone, infatti, al centro dell’attenzione il compito o missione di rapportarci con il creato muovendo innanzitutto dalla nostra fede, dal nostro essere persone nelle quali abita lo Spirito Santo. Noi siamo credenti perché è stato riversato nei nostri cuori l’amore di Dio (Rm 5,5). Lo Spirito rende i credenti creativi, proattivi nella carità. Essi, nella cura del creato, sono condotti dallo Spirito Santo. Operano con amore e speranza. Sono guidati da visioni di amore, di fratellanza, di amicizia e di giustizia per tutti. Nel tempo condividono dolore e sofferenza, perché la creazione intera geme (cf Rm 8, 19-22), i cristiani gemono (cf vv. 23-25) e geme lo Spirito stesso (cf vv. 26-27). In breve, tutto il creato ed ogni creatura gemono e anelano “impazientemente”, perché possa essere superata la condizione presente. Come l’umanità, il creato è schiavo e si ritrova incapace di fare ciò per cui è stato pensato e progettato. È soggetto alla dissoluzione e alla morte. Ma la salvezza dell’uomo in Cristo è sicura speranza anche per il creato. Anche il creato sarà liberato dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio (Rm 8, 21). Nell’attesa perseverante del ritorno glorioso di Cristo, lo Spirito santo tiene vigile la comunità credente e la chiama a conversione negli stili di vita per resistere al degrado umano dell’ambiente e manifestare quella critica sociale che, sebbene denunci il male, propone cambiamenti positivi. La conversione consiste nel passare dall’arroganza del dominio sulla natura all’umiltà di chi si prende cura del creato e degli altri.

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“Sperare e agire con il creato – ha concluso il vescovo – vuol dire unire le forze, camminare insieme a tutti, contribuire a ripensare al potere umano, al suo significato e si suoi limiti. Secondo i credenti, l’obbedienza allo Spirito d’amore cambia radicalmente l’atteggiamento predatore in compito di coltivatori del giardino. La terra è affidata all’uomo, ma resta di Dio. La salvaguardia del creato è una questione non solo tecnica, ma etica e, ultimamente, teologica. Il cristiano ha l’impegno di promuovere la giustizia e la pace nel mondo attraverso la destinazione universale dei beni, la realizzazione di un’ecologia integrale”.

L’arcivescovo Ghizzoni: “Cambiamo ciò che possiamo cambiare collaborando con lo Spirito”

Nella sua omelia, monsignor Ghizzoni è partito dal messaggio di Papa Francesco per la Giornata del Creato che ha invitato tutti a leggere. “La Terra è affidata a noi, anche se è di Dio, e alla nostra capacità di creare bellezza e vita”, ha spiegato l’arcivescovo. Una responsabilità che nasce con la Creazione e è ancor più urgente oggi che “le cose non vanno bene”. “La terra si ribella quando viene maltrattata – ha aggiunto in un altro passaggio -. Il cielo, il clima, la temperatura possono essere espressione di un un cosmo ordinato. Ma se contrastiamo l’ambiente provochiamo conseguenze che paga l’umanità intera”.

Come proclamato nelle letture scelte per la celebrazione, la “‘Creazione geme e soffre le doglie del parto’ perché desideriamo l’incontro con il Signore – ha proseguito monsignor Ghizzoni -. Questa trasformazione però non avverrà solo alla fine dei tempi e noi possiamo contribuire all’opera di Dio se ci assumiamo la responsabilità di rispondere alla sua chiamata. La speranza ci viene donata dal Signore, e ci permette di superare la tristezza e il male del mondo e guardare alla fine dei tempi. Nel frattempo, però, siamo chiamati a cambiare ciò che possiamo cambiare, collaborando con lo Spirito di Dio che agisce in tutti”.