«Occorrono scelte coraggiose per dare spazio ai fiumi. I cittadini devono capire che ci vorranno anni per risolvere il problema». Parola di Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei geologi dell’Emilia-Romagna, che abbiamo interpellato all’indomani del passaggio del ciclone Boris in Romagna.

Il punto con Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei geologi dell’Emilia-Romagna

Antolini, perché un’altra alluvione in Romagna?

Quando la scorsa estate i meteorologi segnalavano le 60 giornate con temperature notturne sopra i 20 gradi e parlavano di un Adriatico prossimo ai 30 gradi, mettevano in guardia su quanto sarebbe potuto accadere in autunno. Detto fatto. Dobbiamo metterci in testa che siamo in un momento di riscaldamento globale e che fenomeni come questi saranno più frequenti.
La conformazione del territorio romagnolo poi è unica. Le vallate dei fiumi sono molto corte e i paesi sono sorti allo sbocco delle valli. E nelle campagne romagnole ormai non c’è più un fosso. Chiudere i fossi equivale all’eliminazione di una cassa di espansione. L’agricoltura ha bisogno di produrre e richiede spazio, ma senza fossi e scoline la velocità di arrivo dell’acqua ai fiumi è maggiore.

I lavori svolti in questo anno e mezzo non sono serviti?

Si è riusciti a ristabilire le condizioni precedenti all’evento di maggio 2023 e a ripristinare la rete idrografica. Non c’è stato il tempo di effettuare tutta quella serie di interventi che sono previsti dal piano speciale, come casse di espansione e risezionamento degli alvei e delle golene. Questi lavori richiedono tempo – almeno dieci anni se siamo ottimisti – e ingenti risorse.
Quello che finora è stato fatto, è stato realizzato bene, però si è lavorato solo per ripristinare lo stato dell’arte.
La gente deve capire che avevamo una Seicento incidentata, siamo andati dal carrozziere e l’abbiamo riparata. La macchina è tornata nuova, ma è sempre quella, non è diventata una 1.500. Se un fiume non ha tenuto la pioggia del maggio 2023 come può tenere l’acqua dei giorni scorsi quando, in certi punti, è piovuto ancora di più? La gente non riesce a capirlo.

Non basta pulire meglio i fiumi?

Se piovesse in maniera normale, la pulizia dei fiumi aiuterebbe a gestire il deflusso delle acque, ma con queste precipitazioni è come voler curare un malato grave con l’aspirina. La gente non riesce a capire che è cambiato il modo di piovere. In due giorni non cadono più 150 millimetri di pioggia, ma 350. Purtroppo ci vorranno anni a realizzare le opere necessarie e nel frattempo potrebbero arrivare altre piogge come queste. La popolazione deve essere preparata: se arriva un’allerta rossa, bisogna evacuare.

Quindi aspettiamo le casse di espansione…

Le casse di espansione vanno realizzate a monte, ma lo spazio è poco. Quindi saranno casse piccole in grado di accumulare quantità limitate di acqua. Occorre dare spazio ai fiumi e spostare gli argini. Determinate aree sono difficili da difendere. Servono allora scelte coraggiose. Alcune strutture e abitazioni vanno delocalizzate per dare spazio all’acqua. A Boncellino, la piena del Lamone si è imbattuta in un cumulo di alberi tagliati, ma il vero problema in quel punto è il ponte della ferrovia che è troppo basso. Andrebbe spostato o almeno rialzato. Ma c’è bisogno di tempo e denaro.

Matteo Venturi