Paulina di Domenico, discendente di migranti italiani, sarà la prima cilena a partecipare al festival Argillà Italia a Faenza, portando la sua arte e ceramica nel paese dei suoi avi. Paulina da oltre 24 anni si è relazionata al mondo della ceramica. Nei suoi inizi, un influsso importante è stato il laboratorio di Ana Clara Di Biase. Lei era ceramista ed ex alluna della Scuola Italiana Vittorio Montiglio e il suo studio aveva un’atmosfera italiana molto accogliente. Paulina ha lavorava come insegnante di educazione di base, ma nel tempo, ha integrato la pedagogia con la ceramica, creando il suo laboratorio il 2015. Nei suoi laboratori (@eltaller.delapauli) collega spesso la ceramica con insegnanti di altri ambiti come filosofia, scrittura, meditazione, psicologia, dato che per lei “la ceramica è un materiale che ci rende consapevoli di molte emozioni”.
Argillà? E’ un dono straordinario
Argillà Italia, che dedica tre giorni “alla più grande raccolta di ceramica del mondo” il 30, 31 agosto e 1° settembre 2024, organizzata dal Mic Faenza in collaborazione con il Comune di Faenza e AiCC – Associazione Italiana Città della Ceramica ed Ente Ceramica Faenza – giunto alla sua ottava edizione, è diventato la biennale di riferimento in Italia per la ceramica artigianale contemporanea internazionale. Con più di 200 ceramisti provenienti da tutta Europa e un centinaio dal mondo. Dall’America latina partecipano tre paesi: Cile, Argentina ed Ecuador. Paulina sottolinea che per lei “il più grande contributo di questa fiera sarà la possibilità di parlare con ceramisti provenienti da tutti gli angoli del mondo. È un dono straordinario. Ed è quello che fanno a Faenza, riunendo nella loro città tutto il mondo della ceramica”.
Il viaggio di circa 30 opere
Paulina descrive come una vera “odissea” la trasferta di circa 30 pezzi di ceramica di diverse dimensioni. Tra le considerazioni, c’era quella di produrre pezzi speciali che non fossero così fragili, dato che li porterà lei stessa nelle valigie dell’aereo. Bisogna considerare, oltre al volume di ogni pezzo, tutti i necessari imballi per proteggerli. Commenta quanto significa viaggiare così da un altro continente “è uno sforzo tremendo. Perché è chiaramente diverso per chi è in Europa, essendo molto più connesso basta con prendere un treno”.
Ceramica in gres: la sua impronta per questo Festival
Paulina anticipa che “quando i visitanti del Festival si avvicineranno alle mie opere, vedranno molti colori, molte forme diverse in una unica opera. Le mie opere non sono linee pure, hanno molto movimento ed espressione, quindi troverai opere irripetibili. Non faccio niente di serie, non posso farlo perché non uso stampi. Realizzo i pezzi minuto a minuto, con ciò che viene fuori, quindi sono pezzi unici”. Sottolinea inoltre che nel suo stand ci sarà un connubio tra poesia e ceramica, dato che gli piace molto scrivere porterà il suo libro “Barro, Fuego y Poesía” e anche alcune poesie tradotte in italiano. Nel suo flusso creativo, a volte scrive poesie e poi crea il pezzo di ceramica per quella poesia, o viceversa.
Diversità di stili
Paulina spiega, riguardo al contesto della ceramica in gres in Cile, che in generale esiste una ceramica color terra, associata al rustico. Sono pochi i laboratori che utilizzano il gres in modi diversi, come fa lei, con colori vivaci, forme più decorative e meno utilitaristiche. Su questo, riconosce un’influenza più europea della ceramica, che ancora non è tanto evidente in Cile. Riguardo al festival, commenta che apre le porte a “un incontro di esplorazioni diverse: dal classico all’ultramoderno. Sarà come scattare una foto globale di ciò che accade nel mondo con la ceramica”.
Esperienza nella Toscana alla scuola Meridiana Ceramics
Da un’esperienza di dieci giorni in questa scuola a Firenze nel 2022, che Paulina è rimasta collegata alle reti della ceramica italiana e così è arrivata a conoscere Argillà. Dell’esperienza alla Meridiana racconta: “è una scuola con una lunga storia, anch’essa porta persone da tutto il mondo. È stato bellissimo perché fanno corsi tutto l’anno In più, hanno quella cosa italiana che ti fa sentire davvero bene. Non è solo il lavoro, ma anche la pausa con un delizioso caffè o un pranzo in un ambiente molto familiare.” Inoltre sottolinea che in generale in Italia “sono molto liberi di insegnare l’arte, che sia la ceramica o qualunque altro tipo di arte, senza giudicare. A differenza di qui, in Cile, dove il lavoro tende ad essere molto guidato e, secondo me, quando il lavoro è molto guidato in qualche modo limiti la creazione della luce.”
Nel 2022, Paulina ha fatto un viaggio per vedere l’Italia con la sua famiglia, composta dal marito Emilio Marizio e dai loro quattro figli, e dai suoi genitori, occasione in cui hanno condiviso con i parenti della famiglia di Emilio.
Ritornare alle origini: radici italiane
Dalla parte paterna, Di Domenico, la sua famiglia proveniva da Napoli ed emigrò, arrivando in Argentina intorno al 1896, per poi attraversare le andi fino al Cile. Dalla parte materna, Madrid Zan, i suoi bisnonni provenienti dalle vicinanze di Milano e della Val d’Aosta, arrivarono in Cile nel 1920. “Mio nonno paterno rimase a lungo a Valparaíso, perché era quella che trovava più simile a Napoli, quindi gli piaceva restare lì. I miei nonni materni abitavano inizialmente al Cajón del Maipo, perché in qualche modo la montagna era ciò che a loro sembrava più Valle D’Aosta”, e fu allora che si trasferirono in città.
“Per me la ceramica è stato un percorso molto bello perché, involontariamente, mi ha portato di ritorno alle origini della famiglia. Forse, se avessi continuato a fare pedagogia, non avrei mai sperimentato questo. Ma ora la ceramica mi ha permesso di tornare in Italia”. Riguardo alle sue aspettative commenta di provare “una sensazione molto bella, quello che spero di più in qualche modo è potersi sentire parte dei ceramisti d’Italia. Quando sono andata a Firenze mi sono sentita a casa, come se fossi già stata lì. Penso alla mia famiglia e agli antenati”.
Riflettendo sulle sue origini, Paulina svela anche alcune proiezioni future, “il mio sogno sarebbe poter trasformare il mio laboratorio in una scuola come quelle che ci sono in Italia: dove accolgono uomini e donne, scultori e architetti”. Questo è qualcosa che oggi in Cile non esiste e spera che qualcuno dei suoi discendenti sia interessato a far crescere questa iniziativa.
Constanza Bianchini – Museo virtuale dell’Emigrazione emiliano-romagnola
Foto: G. Zampaglione