Ho sentito in un recente convegno da Guido Caselli, responsabile dell’Ufficio studi delle Camere di Commercio emiliano romagnole e uno dei massimi esperti italiani di dinamiche economiche, che nella lettura dei profili richiesti dalle aziende anche lui comincia a non sapere a cosa corrisponda la ricerca delle imprese. Questo per dire quanto sia forte la complessità verso cui siamo diretti. Ma una cosa è certa nel lavoro che verrà, sempre più green e digitale: imprese e organizzazioni chiederanno ai dipendenti un insieme di conoscenze tecniche e trasversali, avendo una buona capacità nelle relazioni. I nostri figli svolgeranno per la maggior parte lavori che ancora non esistono. Parlare di transizione, sia essa green o digitale, oppure, come dice l’Unione europea, di twin transition (doppia transizione), non è dunque fare accademia, ma cercare anche di capire da che parte sta andando – oggi – il mondo del lavoro. Quali competenze è più utile sviluppare? Quali figure cercheranno le aziende per crescere e come si organizzeranno al loro interno?

Il messaggio di fondo è che le competenze del futuro saranno caratterizzate da una fusione tra conoscenze tecniche e trasversali, con una forte concentrazione sulle capacità relazionali. Per questo sarà molto importante la formazione continua riguardo alle nuove tecnologie e alla sostenibilità, ossia di due fattori principali che, nel bene e nel male, stanno guidando il cambiamento e la trasformazione dell’economia. Un altro aspetto molto importante riguarda i modelli collaborativi e gli stili di leadership da perseguire all’interno delle organizzazioni: il potere del “Noi” rispetto alla centralità del singolo.

Addio gerarchie rigide quindi? Diciamo che non sembrano le più adatte per le aziende del futuro, il che non ha nulla a che vedere con l’anarchia decisionale, bensì con la capacità di dare vita a modelli organizzativi flessibili e collaborativi, che favoriscano l’apprendimento continuo, le capacità relazionali e l’autonomia, anche attraverso la formazione continua e lo sviluppo di nuove competenze. Fondamentale sarà, infatti, l’esercizio di una leadership in cui i manager agiscono più come facilitatori che come “decisori seriali”, prestando attenzione alla cura delle relazioni, attraverso una leadership basata sul “potere del Noi” piuttosto che sulla centralità del singolo. Quanto agli impatti delle doppia transizione, nei prossimi anni ogni settore sarà completamente trasformato dalle transizioni del digitale e del green. Un fenomeno che tocca anche le piccole imprese. Una riflessione ci viene spontanea: ma coloro che guidano il mondo hanno capito che il Novecento si è chiuso e oggi servono nuove modalità di approccio alla complessità delle relazione tra le persone, le comunità, i sistemi e gli stati?

Tiziano Conti