«Sospesa sull’abisso, la vita degli abitanti d’Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge». Si conclude così la descrizione di una delle città invisibili raccontate da Italo Calvino. Ottavia, la città-ragnatela sospesa sul vuoto, retta solo da corde e carrucole, evoca immaginari fantastici, ma in realtà è molto simile alle nostre città di Romagna colpite dall’alluvione. Un anno dopo il nostro territorio ci appare più fragile e insicuro. Le ferite sono ancora oggi ben visibili. L’abisso del racconto di Calvino si concretizza in abitazioni rimaste disabitate, borghi montani isolati da migliaia di frane, l’incertezza sui ristori promessi che non arrivano, e la certezza, purtroppo, di un numero, quello delle 17 vittime.
Di fronte alle nuove fragilità di un mondo sconvolto dai cambiamenti climatici, tante corde tese sono arrivate a sostenerci. Non per merito dei ristori, ma di una comunità che fin dal primo giorno si è rialzata, si è rimboccata le maniche nel segno della solidarietà, ha accettato la sfida di ripensare la propria città non lasciando nessuno solo. Se quelle corde rimangono ben tese, il vuoto c’è e rimane, ma fa meno paura.
Samuele Marchi