La ricerca promossa da ISTAT “Bambini e ragazzi”, dedicata alla fascia di età compresa tra gli 11 e i 19 anni che vive in Italia, descrive e coglie le aspettative, le speranze e i desideri di coloro che per età hanno davanti a sé una vita intera e un futuro tutto da costruire: stiamo parlando di 5 milioni di persone. I bambini e i ragazzi raccontati da ISTAT fanno emergere le loro intenzioni: vedono il futuro in coppia, pensano al matrimonio, desiderano avere figli, vorrebbero sposarsi entro i 30 anni, non sono ingenui ed esprimono preoccupazione per il futuro. Sono desideri che ci possono apparire semplici e banali, eppure a pensarci bene vanno al cuore della vita, una vita per quanto possibile felice: appartenere e sentirsi in comunità, istruirsi e formarsi, metter su famiglia, trovare un lavoro buono. Colpiscono inoltre i dati arcobaleno di cui è composta questa fascia di età e che il mondo politico tarda a percepire o fa finta di non vedere: quasi 500.000 bambini e ragazzi residenti nel nostro paese hanno un background migratorio, la metà di loro sono nati in Italia, una parte è arrivata in Italia prima di sei anni, altri sono giunti in età scolare. Tanti di loro dovranno attendere la maggiore età per vedere riconosciuta la cittadinanza italiana. Infine, le nuove generazioni multiculturali e digitali esprimono preoccupazioni: un ragazzo su tre dichiara di aver paura del futuro e il 34% vorrebbe vivere all’estero da grande. A queste speranze dei ragazzi che risposta stiamo dando? La realtà attuale si mostra nella sua crudezza. Abbiamo rubato il futuro con un debito pubblico che sovrasta ormai le dimensioni dell’economia nazionale e che ha rotto il patto generazionale, perché un sistema in salute chiede a chi lavora di garantire risorse per far vivere bene in età anziana e allo stesso modo alle generazioni anziane di non lasciare tanto debito da minacciare la tenuta dell’intero sistema. In più ci ritroviamo con una popolazione che invecchierà con un tasso di longevità tra i più alti nel mondo, con giovani che realizzano l’indipendenza dalla propria famiglia di origine dopo i trent’anni, con una formazione superiore inadeguata e ingressi nel mercato del lavoro precari e mal pagati tanto che in dieci anni abbiamo perso quasi centomila giovani laureati emigrati all’estero. I bambini e i ragazzi raccontati da ISTAT desiderano un futuro che si prenda cura di una vita su basi etiche, contro ogni forma di spreco e di eccesso, attenta ai valori della sostenibilità e della responsabilità sociale, con più bene comune e amicizia sociale. Questo futuro si progetta solo se le generazioni adulte, “quelli che sono venuti prima”, che poi siamo noi, metteranno a disposizione sapere e competenza, sogni e visioni, lasciando che i ragazzi aprano il loro cantiere nel quale saranno loro ingegneri e maestranze. Antoine de Saint-Exupery, nel “Piccolo principe” ci ricorda il nostro ruolo di generazione che sta per passare il testimone. “Se vuoi costruire una nave, non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato”. Martino, ci proverò, ma è un compito gravoso per le mie fragili spalle.

Tiziano Conti