Riflettori accesi, musica alta di sottofondo e tanta voglia di ritrovarsi: via Ragazzini a Faenza c’è ancora, e non si arrende, anche se le sfide davanti sono ancora molte. Sabato scorso, in Borgo, i residenti di via Ragazzini e delle vie limitrofe hanno promosso un evento conviviale in occasione dell’anniversario dell’alluvione. «Non è una festa, ma un momento per ringraziare, ritrovarci assieme e tenere vivo il quartiere» ci tengono a specificare in molti, mentre raccontano di quella notte che ha segnato uno spartiacque nelle proprie vite.
Stand gastronomici, giochi per bambini e la musica dei giovani dell’orchestra Santa Balera e degli Alluvionati del liscio hanno animato pomeriggio e sera la via che vede ancora tante case deserte, ma anche una comunità che non vuole arrendersi all’alluvione, alla burocrazia e agli interventi di sicurezza ancora da mettere in atto.
Starinsieme Granarolo: presenti!
A un anno di distanza «siamo ancora qui». È questo il segnale che hanno voluto dare i volontari dell’associazione Starinsieme di Granarolo a tutta la comunità di via Ragazzini. Oggi come allora, è stato allestito uno stand con piadina e affettati da distribuire a residenti e volontari, per essere al loro fianco e portare un po’ di serenità. Il fango di dodici mesi fa non c’è più, ma le ferite dell’alluvione rimangono nei volti e nelle case delle persone. Così come i ricordi di quell’onda solidale che si è riversata su quelle vie, dando fin da subito la speranza di ripartire. «Siamo arrivati qui già dopo la prima alluvione – ricorda Juri Montecchian, consigliere comunale e componente dell’associazione -. In tutto siamo arrivati da Granarolo in circa 60 persone, suddivisi in vari turni dalla mattina alla sera. Oltre al punto ristoro abbiamo dato una mano a ripulire le case. In particolare i più giovani erano davvero entusiasti di dare una mano, alle 8.30 di mattina erano già pronti nella piazza di Granarolo per partire, badili e pale in mano».
Un anno dopo, si torna qua, con lo stesso sorriso in mezzo alla gente. «I residenti di via Ragazzini ci hanno invitato per fare la stessa cosa per l’anniversario – dice Montecchian -, e noi siamo orgogliosi di questo. Ci fa piacere che qualcuno si ricordi di quello che abbiamo fatto: teniamo aperti questi legami. L’obiettivo, è quello di non far spegnere i riflettori su queste realtà, perché se si spengono la gente rimarrà sola. E in queste ricorrenze c’è bisogno anche di un po’ di musica e svago: è stato anche grazie a questo clima di serenità che si è riusciti, in quei giorni, a generare tanta solidarietà».
La ceramista Monica Ortelli
Una ripartenza a metà. È quella che tanti faentini stanno vivendo. Chi è riuscito, è potuto rientrare nelle proprie abitazioni, ma ci si rende presto conto che non è tornato tutto come prima: restano ancora pareti vuote con incrostazioni e tanto lavoro di fare, in mezzo a un fiume di burocrazia. Ecco perché è importante andare e vedere come è concretamente la situazione. Tra i promotori dell’evento in via Ragazzini c’è la ceramista Monica Ortelli. «Abbiamo voluto ideare questo evento – spiega – per ringraziare tutti coloro che ci hanno aiutato durante l’alluvione. Come allora è bello vedere le nostre strade riempirsi di tante persone, anche da fuori regione: toscani, persone venute dalla Lombardia. A distanza di un anno è stato un modo per ritrovarsi e vedere come si è evoluta la situazione a un anno dall’alluvione». Nel corso dell’evento è stata promossa una raccolta fondi per la famiglia di un ragazzo, Matteo Gallo, di Canavese, morto l’anno scorso e che era venuto a Faenza a dare una mano portando tanto entusiasmo. «Il ricordo più bello è stata la solidarietà – commenta -. Penso a un contadino sardo venuto da solo con i suoi mezzi, pagandosi il traghetto, arrivato qua non appena ha visto com’era la situazione. E poi tutti quelli che hanno rinunciato alle ferie per sporcarsi in mezzo al fango con noi».
Da ieri, a oggi. Il laboratorio di Monica, in via Ragazzini, è stato completamente sommerso dalla furia dell’acqua. Nei ricordi di Monica ci sono ancora i rumori delle proprie ceramiche che vanno in frantumi. Con pazienza, si è provato a ricomporre i tanti cocci andati perduti: la casa, il lavoro, la propria serenità. «È stato un anno difficile – commenta -. Hai tante cose da fare e da pensare. Per i primi tre mesi, senza cucina, siamo andati avanti a panini e con quello che ci portavano i volontari. Per risistemare tutto abbiamo finito i nostri risparmi. Ho dato priorità nella prima fase all’abitazione e al laboratorio. Di ristori abbiamo visto poco o niente. Come ceramista ho ricevuto qualcosa dall’Ente Ceramica, dal circuito nazionale Città delle Ceramiche e dalla Camera di Commercio, ma per il resto abbiamo fatto tutto solo con le nostre forze. Speriamo in Sfinge, anche se la burocrazia ci spaventa».
La forza di andare avanti viene anche dall’argilla: lo stesso fango che ha invaso Faenza diventa il mezzo per dare vita alle proprie creazioni artistiche. «Negli scorsi mesi, come spazi, mi sono appoggiata ad altri ceramisti – ricorda -, ma non avevo proprio la testa per lavorare, in mezzo a tutte queste difficoltà. Ora pian piano sto riprendendo, e per me lavorare con la ceramica è importante. La cosa che ci preoccupa di più e sapere nel dettaglio come procedono i lavori sui fiumi».
«Ci vorrà del tempo, ma ci siamo»
Tra i promotori dell’evento in via Ragazzini c’è anche Mattia Verbeni, volontario per la Croce rossa. «Un anno fa ricordo che qua c’erano climi tesi – dice -, situazioni a livello psicologico pesanti, un clima di rassegnazione, di impotenza verso quello che era successo. Oggi, anche con questo piccolo evento, i cittadini hanno ritrovato uno spiraglio di luce infondo al tunnel. Ci vorrà ancora del tempo, però pian piano riusciremo tornare allo splendore di prima. L’anno scorso ho fatto una promessa in questo quartiere: non abbandonarli fino al ritorno alla normalità. A un anno di distanza io e tanti altri siamo ancora qui a cercare di aiutarli».
Samuele Marchi