Una seconda opportunità: per abiti e stoffe, ma soprattutto per le persone. È questa la mission di Dress Again, l’atelier di moda etica di Farsi Prossimo in collaborazione con la Caritas diocesana, che ha sede in corso Garibaldi 28A e che dal 2016 offre percorsi inclusivi e possibilità di relazione a donne in situazione di fragilità. Abiti di sartoria, confezionati anche su misura, di seconda mano o vintage in uno spazio in cui sostenibilità ambientale e promozione sociale sono il punto di forza di un progetto che è cresciuto negli anni. Dress Again ha due anime: il recupero e la selezione di capi vintage di qualità prêt-à-porter e la creazione di abiti su misura, riparazioni e elaborazioni sartoriali nel Dress Again Lab. L’alluvione non ha risparmiato neanche questa piccola realtà faentina: il fango ha distrutto stoffe, mobili e macchinari, ma già da tempo negozio e laboratorio hanno ripreso l’attività a pieno ritmo. Abbiamo incontrato Francesco Morelli, responsabile del progetto.
Intervista a Francesco Morelli, responsabile Dress Again Faenza
Morelli, a che punto siamo ?
Abbiamo voluto rialzarci subito, era importante per le persone tornare al lavoro. Già da luglio 2023 siamo pienamente operativi.
Come ci siete riusciti?
Privati, ma anche enti e associazioni hanno imparato a conoscerci e così, in un paio di mesi, sono arrivati gli aiuti che ci hanno permesso di riattivare laboratorio e negozio.
Come è nato il progetto?
L’iniziativa, nata nel 2016 e finanziata all’inizio con i fondi dell’8xmille, voleva dare una seconda opportunità agli indumenti che arrivano in Caritas e una possibilità di integrazione ai richiedenti asilo accolti da Farsi Prossimo.
E oggi come si è evoluto?
Le persone che accogliamo vengono da noi attraverso vari canali: Sos Donna (centro antiviolenza), Cooperativa Laura (centro di accoglienza per donne con disagio psichico), servizi sociali locali, ma anche Sert (servizio per le dipendenze),oltre a richiedenti asilo del sistema di accoglienza di Farsi Prossimo o percorsi di reinserimento per ex detenute. Lo scopo resta lo stesso: il cucito come occasione di rinascita, incontro, scambio, apprendimento, integrazione e reinserimento sociale, con un piccolo introito economico. Una nuova opportunità per persone e abiti che vengono aggiustati, trasformati e rimessi in circolo. Offriamo anche servizi di sartoria come orli e rammendi, oltre alla confezione di abiti nuovi, anche su misura.
Quante persone avete accolto negli anni?
Almeno una ventina dall’inizio di questo percorso, con una media di circa otto beneficiarie l’anno. Al momento abbiamo quattro tirocinanti retribuite, oltre a due ragazze in volontariato protetto inserite insieme ai servizi sociali.
E le volontarie?
Quelle sono molte di più: circa una ventina al momento, che fanno i turni per tenere sempre aperto il negozio. Poi abbiamo la nostra sarta professionista, Loretta Ingannato, e una ex tirocinante che viene a dare una mano al bisogno. C’è sempre necessità di volontari non solo per il negozio, ma anche per la macchina organizzativa che prevede, tra l’altro, lo smistamento degli abiti usati.
I materiali da dove provengono?
Gli abiti provengono dall’esubero dei capi donati a Caritas che restano in giacenza nonostante la continua distribuzione ai bisognosi. Le volontarie si occupano dello smistamento e della selezione, dando la possibilità al progetto di avere un ‘fondo’ di materiale utile per il negozio e il riuso creativo sartoriale. I tessuti vengono anch’essi donati, come le stoffe di tappezzeria e le tele, ma anche acquistati se necessario, come il coloratissimo cotone ’wax’ solido e resistente, nostro punto di forza, proveniente da canali certificati e solidali in Senegal. Tutto questo viene trasformato in zaini, accessori, borse, abiti, dando nuova vita a tessuti dimenticati.
Quali iniziative avete in cantiere?
Saremo a ëMarkè, il mercatino vintage alla della Sagra del Pellegrino venerdì 19 aprile alle 18,30 in via Campidori , con 40 stand di capi second-hand e creazioni.
Barbara Fichera