L’immagine è quella del cartone animato Masha e Orso: una bambina iperattiva sempre alla ricerca di avventure e il suo pigro compagno animale che fatica a starle dietro. Da una parte una generazione di nativi digitali – i Masha – che ha dimestichezza con smartphone e social e sembrano andare a una velocità prima impensabile. Dall’altra gli adultiOrso – che arrancano. Da qui la necessità di un dialogo e un confronto intergenerazionale per far sì che l’uso del cellulare diventi responsabile e sano, e non generatore di ansie e dipendenze. «Linee guida chiare? Si devono trovare assieme: genitori e figli»: a suggerirlo è Sabrina Lattes, psicologa e psicoterapeuta del centro Strategicamente insieme di Faenza. «La base di partenza siamo noi. Genitori e adulti in primis devono capire come e perché utilizzano gli smartphone e interrogarsi. Devono essere consapevoli dei meccanismi della rete e interessarsi a come funziona. Gli esempi sono tanti, come quando si condivide sui social le foto del proprio bambino che inizia per la prima volta a camminare e si diffondono immagini in rete, sui propri profili social. Questo li porterà, in futuro, a poter dialogare in maniera più efficace con i propri figli adolescenti, e a essere più sereni senza farsi condizionare dai titoli sensazionalistici che rischiano di allarmare in maniera eccessiva la realtà».

Il confronto con i pari e con gli influencer

Da qui, dice la psicoterapeuta, si gettano le basi per un patto tra genitori e figli su come usare questi strumenti. «Le regole si costruiscono assieme. Il controllo di un adulto ci deve essere – specifica -, ma non deve mancare nemmeno la fiducia, altrimenti il ragazzo o la ragazza non imparerà mai a usare in maniera sana e autonoma il proprio smartphone». Non è il mezzo in sé a essere dannoso, ma l’uso. Da qui la domanda: quali sono i motivi che spingono i ragazzi a usare così tanto lo smartphone? «Quando i figli crescono – sostiene Lattes -, è inevitabile il confronto con gli altri e con i pari. Oggi questo viene incentivato da quello che si pubblica sui social e dalla voglia di essere al centro di attenzione. Anch’io, pensa un adolescente, voglio ricevere un sacco di like per i miei post, o voglio avere lo stesso fisico di quello o quella influencer. Ma questo rischia di portare a una svalutazione di sé e ansia. E il confronto con gli altri, per gli adolescenti, a differenza del passato, con i social è costante, ogni giorno». Da qui nascono anche casi di isolamento sociale e ritiro scolastico. «È il bisogno di crearsi un mondo, all’interno della propria stanza, nella quale si riesce a emergere e non si è anonimi».

Quando i social diventano generatori di ansia

Un’altra caratteristica della nostra epoca è la fine del tempo dell’attesa: quei minuti o quelle ore che oggi si trascorrono incollati a uno schermo e che un tempo, invece, venivano dedicati ad altro, anche solo ai propri pensieri e non a rischiare di essere ‘schiavi dell’algoritmo’ che ci propone continuamente nuovi video. C’è un senso costante, poi, di stato d’allerta. «Ci si sente sempre connessi e in dovere di rispondere a un messaggio che ci arriva anche se non è prioritario. Anche questo genera ansia». Le immagini emblematiche sono tante: dai bambini che a tavola stanno attaccati a un videogioco o a un cartone animato, fino allo scrollare storie e video su Instagram prima di andare a letto o al controllare ripetutamente il cellulare mentre si studia. «Sconsiglio vivamente di far vedere ai bambini fino ai due anni video sullo smartphone. In generale, si interfacciano con un mondo fatto di suoni e colori iper-vivaci che poi, una volta spento lo schermo, non ritrovano nel contesto ‘reale’, vengono così iperstimolati in maniera eccessiva. Per i più grandi, i reel di Instagram portano chi li guarda a ricevere una botta di dopamina molto forte che poi svanisce e ha bisogno di tornare. Non si vive più il tempo dell’attesa e in un certo senso si è sempre distratti. Questo influisce anche sullo studio: c’è sempre più difficoltà nel concentrarsi e approfondire gli argomenti».

La ricerca di nuovi equilibri: dal 29 aprile il percorso Da ti sfido a mi fido

Al tempo stesso bisogna stare attenti a non demonizzare questi mezzi. «Notiamo che i giovani hanno più capacità di affrontare i compiti contemporaneamente o di fare collegamenti, quindi la sfida è trovare un equilibrio tra i nuovi stimoli cognitivi, senza perdere la capacità di approfondire le conoscenze». Proprio per far fronte a questa necessità, da lunedì 29 aprile a Faenza (via Granarolo 127) parte il percorso “Da ‘ti sfido’ a ‘mi fido’,insieme per navigare sereni online gruppo di confronto per genitori di ragazzi dai 10 ai 15 anni tenuto proprio dalla psicoterapeuta Lattes (info@psicologafaenza.it, costo 45 euro). Una ricerca di equilibrio tra trovare assieme, genitori e figli, nessuno escluso.

Samuele Marchi