Niki Lauda – idolo per tanti tifosi della “Rossa” – se ne è andato in un giorno di maggio del 2019, ma pochi giorni fa, esattamente il 22 febbraio, sarebbe stato il suo 75° compleanno. Agosto 1976 al Gp di Germania al Nürburgring, me lo ricordo bene: di lì a un mese sarebbe nata mia figlia.  Niki Lauda, su Ferrari, al secondo giro, alla curva Bergwerk, a 230 all’ora, tocca un cordolo o una roccia, taglia in diagonale la pista, pattina verso la rete di recinzione, la sfonda, rimbalza in una pioggia di rottami, si incendia, prosegue in testacoda avvolto nelle fiamme e si ferma. L’impatto è così violento che al pilota salta il casco. 

In quel momento stanno arrivando due piloti e centrano la sua rossa. È l’undicesimo chilometro di una pista lunga quasi 23, il punto più a nord del tracciato e più lontano dai box e dai soccorsi. I serbatoi della Ferrari ancora pieni esplodono: Niki Lauda sta bruciando vivo. 

Arriva Arturo Merzario, alla guida della March, si ferma, si getta in mezzo alle fiamme, ma non riesce a estrarlo dalla macchina e a schiacciare la levetta per sbloccare la cintura. Niki è intrappolato e si dimena. Racconta Merzario: “Per fortuna svenne e riuscii a liberarlo, non so come uno magrolino come me abbia trovato la forza per tirarlo fuori. Le esalazioni di magnesio lo stavano uccidendo. Gli feci anche il massaggio cardiaco e la respirazione artificiale che gli consentirono di restare in vita per circa 10 minuti prima dell’arrivo dei soccorsi.  Lo avevo imparato in un esercizio di primo soccorso da militare”.  

Arturo Merzario salva la vita a Niki Lauda.

I due non si sopportavano: un’antipatia reciproca sfociata in una vera inimicizia, condita con tante scortesie. Lauda era stato il pilota che Enzo Ferrari aveva preferito a Merzario alla fine del 1973. Quello che gli aveva fatto sgarbi in gara, che gli aveva soffiato un campionato europeo.

Lauda soffrì e lottò per sopravvivere, la rieducazione fu dolorosa, non trovò il tempo neanche per un grazie. Tre settimane dopo il rogo Niki incontrò Arturo a Monza. Non gli disse niente, nemmeno ciao, come fosse un perfetto sconosciuto. L’altro ci rimase male.  

Due mesi dopo il pilota italiano gareggiò in Austria, vicino a dove abitava Niki. Stavolta Lauda lo andò a trovare e fece il gesto di togliersi l’orologio per regalarglielo. Merzario prese il Rolex e lo lanciò via. Era offeso e arrabbiato. Arturo pensava di meritare un sentimento, Niki credeva che la riconoscenza fosse un bel quadrante. L’orologio venne poi raccolto dai meccanici dell’Alfa Romeo che pregarono Arturo Merzario di accettare il regalo.

Per trent’anni non si sono più parlati, come se fossero bruciate anche le parole. Poi la pace, su quello stesso circuito, e la commozione. Lauda gli mandava i messaggi su Whatsapp e firmava: il tuo amico stronzo.

Alla fine Arturo Merzario (che nei prossimi giorni compirà i suoi 81 anni: tutti e due i piloti del segno dei Pesci, come me) l’ha detta giusta: Lauda gli stava sulle scatole, però ci sono volte in cui è necessario essere uomini.

Tiziano Conti