Buone pratiche da seguire e nuovi stimoli per compiere al meglio il proprio servizio educativo. Mettendo al centro loro: bambini e bambine, ragazzi e ragazze che hanno bisogno di essere accompagnati nel loro percorso di crescita. E dato che la relazione educativa è, per sua natura, asimmetrica (un adulto educa una persona più piccola e fragile) il tema della tutela minori è fondamentale per costruire relazioni autentiche nelle quali non prevalgano l’egoismo o i soprusi, ma che siano fondate invece sul mettersi in ascolto e in servizio dei bisogni di bambini e ragazzi. Dopo gli incontri con la pedagogista Martina Tarlazzi, il percorso Chiesa, famiglia educante ha proposto il 13 marzo scorso l’incontro con don Mattia Gallegati, incaricato diocesano al Servizio Tutela minori. Un’occasione per formarsi ed essere più consapevoli del servizio al quale sono chiamati catechisti, educatori e capi scout nel relazionarsi con i propri giovani, in un contesto in continua evoluzione che richiede aggiornamenti costanti.
“Il tema della tutela minori non deve essere affrontato solo in contesti di emergenza, ma deve essere un cammino di comunità”
Quando si tratta di tutela minori, la prima reazione potrebbe essere quella di compiere scelte di ripiego o di giocare al ribasso nella sfida dell’educazione. L’incontro proposto dalla Diocesi ha invece ribaltato questa prospettiva: proprio perché si richiede una maggior cura e attenzione nel rapportarsi con i giovani, ecco che ci viene consentito di riflettere sul senso vero dell’educazione. Don Mattia ha illustrato, in particolare, il documento Cei predisposto sull’argomento. «Al di là delle indicazioni concrete fornite su quello che è bene fare o non fare nel rapportarsi con bambini e ragazzi – ha specificato – è importante cogliere il senso complessivo di queste riflessioni. Al centro del nostro servizio deve esserci sempre il minore o le persone fragili che ci sono affidati. Il tema della tutela minori non deve essere vissuto come un’emergenza da affrontare solo in determinati contesti, o a seguito di uno scandalo, ma deve essere sempre prioritario, ogni giorno, in un cammino passo passo che deve fare tutta la comunità. La fede si testimonia con i nostri gesti e azioni, per questo è un tema che per certi versi trascende l’ambito educativo. Dobbiamo essere consapevoli del nostro ruolo». Don Mattia ha ricordato che il ruolo di educatori, in un contesto ecclesiale, ha un preciso mandato educativo: «Non agiamo in nome nostro – ha specificato – ma quando facciamo catechismo o partecipiamo come educatori a un campo estivo, riceviamo un mandato e quando i ragazzi ci guardano vedono in noi, in un certo senso, il volto della Chiesa, il volto stesso di Dio. Per questo dobbiamo prestare attenzione ai nostri comportamenti, alle parole che diciamo».
Don Mattia: “Dobbiamo fare pace con il conetto di autorità, che è positivo ed è diverso da autoritarismo”
Gli atti di comunicazione si compiono in due, e devono essere compresi allo stesso modo sia dall’emittente sia dal ricevente. «Anche un contatto corporeo, fatto da un educatore in maniera innocente, può avere un effetto negativo se il ricevente non comprende il messaggio o non ha gli strumenti per comprenderlo. Dobbiamo sempre tenere presente le esigenze e come possono essere percepiti i miei gesti dalla persona che ho di fronte, non dobbiamo essere unidirezionali». Per aiutare in queste riflessioni, fondamentale è il lavorare in équipe, «lo strumento più importante che abbiamo – ha specificato don Mattia – anche nell’ambito della tutela minori».
Non bisogna al tempo stesso correre il rischio di mettere i nostri ragazzi sotto una campana di vetro o di essere adulti accondiscendenti. «Oggi va rimesso al centro il tema dell’autorità, che purtroppo la società sta mettendo sempre più in discussione. In questo la figura di Gesù è esemplare: “Sono il maestro” dice, ma poi lava i piedi ai propri discepoli. Gesù serve, ma è comunque maestro. L’educatore autorevole stimola, fa crescere, incoraggia, dà limiti e rispetta le regole che dà. Dobbiamo fare pace con il concetto di autorità, che è diverso da autoritarismo».
“Educare vs. sedurre” e l’importanza del dialogo con le famiglie
Ogni forma di abuso nasce come una corruzione da parte dell’autorità legittima. Ogni abuso di potere, che è la radice di ogni forma di abuso (anche dell’abuso sessuale), coincide con un vuoto di potere. Qualcuno che poteva fare qualcosa ma non l’ha fatto: tutta la comunità quindi è responsabile». Don Mattia ha proposto una riflessione sul contrario della parola educare, ossia sedurre. «Educare significa accompagnare l’altro verso il suo bene. Quando invece opero una seduzione, devio il suo percorso verso di me o le mie esigenze. Tutto l’opposto di servire: in quel caso sono io che mi servo dei miei ragazzi per coprire un mio vuoto. Quando mi rendo conto che ‘non posso fare a meno dei miei ragazzi o di una determinata classe di catechismo con cui ho stretto un legame forte’, mi devo interrogare». Quando lo stare bene assieme è autentico, invece, ci spinge a condividere, a non rimanere chiusi nell’egoismo. «Questo è l’amore come agape». Tra le buone pratiche c’è anche il dialogo constante, franco e sincero con le famiglie. «Dobbiamo collaborare con loro e dare le giuste informazioni, in maniera tempestiva». In conclusione, anche se il mondo sembra andare in una direzione contraria «non dobbiamo abbassare l’asticella delle nostre proposte educative e snaturarle»
Samuele Marchi