Monsignor Mario Toso, vescovo di Faenza-Modigliana ed esperto di Dottrina sociale, ha parlato il 18 febbraio scorso delle “fonti della spiritualità” del loro impegno agli operatori in campo sociale e politico, nell’annuale ritiro di Quaresima. L’appuntamento, promosso dalla Commissione diocesana “Gaudium et Spes”, si è tenuto al monastero di Santa Maria del Monte, a Cesena, dopo la Messa presieduta dallo stesso presule. Fra i tanti presenti all’incontro, il sindaco di Sarsina Enrico Cangini, gli assessori cesenati Camillo Acerbi e Carmelina Labruzzo, il consigliere comunale Enrico Castagnoli, il candidato sindaco per il centrodestra Marco Casali, l’ex parlamentare europeo del Pd Damiano Zoffoli e Francesco Marinelli, segretario generale della Cisl Romagna.
La prima “fonte” citata dal vescovo Toso è l’Eucaristia, attraverso la quale «si costituisce il Corpo di Cristo, che è la Chiesa, nella fraternità e nella partecipazione della sua missione evangelizzatrice e umanizzatrice. C’è un primato nelle gerarchie delle appartenenze. Ne siamo convinti?”, si è chiesto il vescovo. Poi è chiaro che occorre distinguere i campi di impegno. Lo aveva ben chiaro anche don Sturzo, che “fondò un partito laico di ispirazione cristiana. Un partito aconfessionale, che aveva chiara la sua fonte di ispirazione”.
Per il presule “l’indebolimento di una spiritualità cristiana incarnata ha favorito lo scollamento tra la dimensione religiosa della vita del credente e l’impegno politico”
La seconda fonte è la fede, «da intendere non come insieme di nozioni, ma come adesione alla persona di Cristo. Non una fede in astratto, disincarnata, ma una fede il cui contenuto è ineludibilmente sociale». Per il presule la fede è un «cuore che palpita per Cristo», riscontrando «catechisti che non amano Gesù». Non solo una fede istruita, ma come una fornace ardente di amore per Gesù che si rende presente nelle persone che si servono. Fino al punto di poter dire, con san Paolo, “per me vivere è Cristo”. Questo, ha aggiunto il presule, “lo deve dire ogni cristiano. Avere fede significa dimorare in Cristo. Se lo amo, lo amo tutto. Significa partecipare alla salvezza totale, anima e corpo. Ogni uomo e ogni popolo. Significa umanizzare non solo la vita interiore, ma anche le relazioni, le istituzioni, la politica. Fonte è una fede il cui contenuto è inevitabilmente sociale”.
Altra fonte citata è la Chiesa «come popolo, fatto di tante componenti che camminano insieme in comunione con Cristo, con slancio missionario in tutti i campi, compreso l’ambito del sociale, con le istituzioni che altro non sono che relazioni sociali istituite e noi missionari nel sociale». Mentre oggi molti si limitano a compiti intraecclesiali. Si tratta di sfide pastorali per associazioni e movimenti ecclesiali, come l’Azione cattolica e Comunione e liberazione, per esempio.
Per monsignor Toso «i laici devono servire nel sociale, non solo all’altare». Da qui la domanda: «Perché l’impegno dei cattolici in politica sembra essersi affievolito?». Fra le cause individuate dal presule, c’è «il venir meno di una fede viva che dà lo “sprint”», per cui «l’indebolimento di una spiritualità cristiana incarnata ha favorito lo scollamento tra la dimensione religiosa della vita del credente e il suo impegno politico». Fra gli esempi citati, la soluzione dell’Emilia-Romagna, senza discussione, sul fine vita e l’accoglienza dei migranti, questioni per le quali «alzano la voce più i vescovi che i cristiani impegnati in politica». Monsignor Toso stigmatizza la «separazione fra impegno sociale e fede», per cui «la spiritualità cristiana non si estranea dalle sfide della vita, la Dottrina sociale della Chiesa deve essere tradotta nella pratica e la vocazione umana e quella cristiana non si contrappongono». E sul fine vita aggiunge: “Dobbiamo eliminare il dolore, non la vita. Portare le cure palliative in famiglia. E si può scegliere di lasciarsi morire, come chiese Giovanni Paolo II, con il suo famoso lasciatemi andare”. Poi la domanda: “Non esiste un diritto alla morte. Ne siete convinti?”.
Citando il libro di Fabio Pizzul “Perché la politica non ha più bisogno dei cattolici”, il vescovo di Faenza-Modigliana ha rilevato che «la progressiva insignificanza dei cattolici non è determinata tanto dall’ostilità di una società laicista, quanto dallo scadimento della qualità della qualità della testimonianza». La Chiesa, da parte sua, «non è chiamata a formare sacrestani, ma cristiani consapevoli della dimensione sociale della propria fede».
Ultima fonte dell’impegno sociale e politico individuata è la Carità, «intesa come virtù teologale, principio architettonico della politica che ci fa cercare effettivamente il bene di tutte le persone». Una carità che si traduce soprattutto come «attenzione per gli ultimi e tenerezza».
Monsignor Toso, rispondendo a fine mattinata a diversi contributi dell’attento pubblico, è intervenuto anche sull’attuale “diaspora” dei cattolici, secondo il quale «non porta a risultati tangibili», ma vede di buon grado «un nuovo movimento sociale di ispirazione cristiana, purché non sia formato da “quattro gatti”. Quindi una domanda retorica: “Siamo dei minorati per cui non riusciamo a fare dei partiti?”.
È importante che i cattolici siano nella “sala di comando”». Per il presule «forse i cristiani hanno paura di essere sé stessi» e ha citato il discorso di papa Francesco in piazza del Popolo a Cesena l’1 ottobre 2017 quando disse che «il buon politico finisce sempre per essere un “martire”». I partiti, da parte loro, «hanno l’obbligo di rispettare il pluralismo anche al proprio interno, se no diventano totalitari».
In definitiva, “Dobbiamo avere più coraggio di essere noi stessi. Sentirci e parlarci. E tenere vivi dei cenacoli per dialogare e incontrarsi. Costruire reti su questioni pratiche. E lavorare su formazione ed educazione. E puntare su intelletto, cuore e sentimenti. Come accadde con il Codice di Camaldoli, una sintesi culturale. La spiritualità cristiana ci tiene immersi nelle sfide della vita”, invece spesso, l’ispirazione cristiana è rimasta negli statuti senza essere tradotta nella pratica. “Di fatto la Dottrina sociale della Chiesa è pressoché ignorata”, con l’80 per cento dei catechisti che non la conosce. Invece, è l’ammonimento di Toso, la vocazione umana al bene comune e quella cristiana all’impegno sociale e politico non sono in contrapposizione. Poi cita Giuseppe Dossetti, uno dei professorini alla Costituente poi diventato monaco: “La maggioranza dei credenti è inconsapevole circa l’impegno sociale e politico”.
La rinascita “può partire solo dall’amore per Gesù Cristo. Il cristiano non deve mai perdere la speranza, che è fondata sulla fede, la quale ci offre le ragioni per andare avanti». Poi cita i 12 apostoli che hanno cambiato il mondo e si chiede: “Siamo capaci di elaborare una nuova cultura? Di ecologia integrale parla solo la Chiesa. Occorre una nuova dimensione intellettuale della fede. Invece noi pensiamo al prossimo campo scuola. Ci vuole qualcosa di più”.