“Chiediamo che sull’import ci sia un netto stop all’ingresso di prodotti da fuori dei confini Ue che non rispettano i nostri stessi standard. Non possiamo più sopportare questa concorrenza sleale, che mette a rischio la salute dei cittadini e la sopravvivenza delle imprese agricole”.
Lo ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, in occasione della prima mobilitazione con gli agricoltori da tutta Europa e la partecipazione per l’Italia della Coldiretti, scesa in piazza in Place du Luxembourg, di fronte al Parlamento europeo a Bruxelles, dove si tiene il Vertice straordinario dell’Ue con la presenza del premier Giorgia Meloni.
Presente anche una delegazione di 50 agricoltori di Coldiretti Emilia Romagna in rappresentanza degli imprenditori agricoli della nostra regione. In piazza insieme agli agricoltori ravennati il presidente di Coldiretti Ravenna Nicola Dalmonte e il delegato di Giovani Impresa Marco Sforzini.
Sugli accordi commerciali occorre garantire il principio di reciprocità e in tale ottica è positivo l’annuncio della Commissione Ue sul fatto che “non sono soddisfatte le condizioni” per raggiungere un accordo commerciale con i Paesi del Mercosur.
Una scelta che segue la denuncia della Coldiretti in Italia e della Fnsea in Francia sulla concorrenza sleale provocata dalle gravi inadempienze di molti Paesi sudamericani sul piano della sostenibilità delle produzioni agroalimentari con rischi per l’ambiente, la sicurezza alimentare e lo sfruttamento del lavoro minorile evidenziato dallo stesso dipartimento del lavoro statunitense.
“Coldiretti – ha detto Dalmonte – chiede di tornare a investire nella sovranità e nella sicurezza alimentare europea assicurando più fondi alla Politica agricola comune dopo che la pandemia e le guerre hanno dimostrato tutta la fragilità dell’Unione europea davanti al blocco del commercio mondiale, ma anche la difficoltà del sistema produttivo sconvolto dalla violenza dei cambiamenti climatici, per proteggersi dai quali servono investimenti adeguati nella difesa attiva e passiva”.
Dobbiamo aumentare gli investimenti in agricoltura – ha affermato il delegato di Giovani Impresa Emilia-Romagna e Ravenna Marco Sforzini -, garantendo più sostegni ai giovani per il ricambio generazionale nel nostro settore.
Senza ragazze e ragazzi in agricoltura, l’Europa sarà più fragile e dipendente dalle importazioni.
“Serve la cancellazione dell’obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni destinati a seminativi imposto dalla Pac per invertire la rotta rispetto alle follie dell’Ue – ha rilevato Prandini – poiché non ha senso impedire agli agricoltori di coltivare quote dei loro terreni, quando poi si è costretti ad importare, come sosteniamo da anni, una delle eredità della folle era Timmermans con il quale ci siamo confrontati molto duramente, unici in Europa, aprendo una breccia.
In occasione della crisi ucraina avevamo ottenuto una deroga, la nuova bozza di deroga che la Commissione sta proponendo va corretta perché contiene troppi vincoli. È ora che l’obbligo venga eliminato definitivamente”.
Al presidente Meloni chiediamo di continuare a tutelare gli agricoltori italiani – ha sottolineato Prandini -, portando in Europa le nostre ragioni. Serve un cambio di passo rispetto al recente passato. Non ci può essere più spazio per politiche ideologiche che hanno penalizzato gli agricoltori, mettendo a rischio tante filiere anche nel nostro Paese.
L’Europa – ha concluso Prandini – deve investire nella propria autosufficienza alimentare, respingendo modelli omologanti come quelli del cibo artificiale e riconoscendo il ruolo di presidio dell’ambiente che le imprese agricole svolgono ogni giorno.
La nostra battaglia in Europa continuerà in maniera forte con proposte per il futuro degli agricoltori”.
Dall’agricoltura italiana nasce infatti una filiera agroalimentare allargata che sviluppa un fatturato aggregato pari a oltre 600 miliardi di euro nel 2023 messa a rischio dalle politiche folli dell’Unione Europea insieme alla tenuta del suo bacino occupazionale, ossia 4 milioni di lavoratori distribuiti in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio.
Una rete diffusa lungo tutto il territorio che – spiega la Coldiretti – quotidianamente rifornisce i consumatori italiani ai quali i prodotti alimentari non sono mai mancati nonostante pandemia e guerre.
Le esportazioni agroalimentari Made in Italy nel 2023 hanno raggiunto il record di 64 miliardi di euro, con un balzo del 6% secondo le proiezioni Coldiretti sui dati Istat sul commercio estero relativi al 2023.
Il Belpaese è infatti il primo produttore Ue di grano duro e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea e, anche per quanto riguarda la frutta, primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne.
I cibi e le bevande stranieri sono peraltro dieci volte più pericolosi di quelli Made in Italy, con il numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari oltre i limiti di legge che in Italia è stato pari al 6,4% nei prodotti di importazione, rispetto alla media dello 0,6% dei campioni di origine nazionale, secondo i dati dell’ultimo Rapporto pubblicato da Efsa nel 2023 relativo ai dati nazionali dei residui di pesticidi.