Salutano dal grande boccaporto della Geo Barents i migranti della nave di Medici senza Frontiere in rada da questa mattina al terminal di Porto Corsini. Chissà come deve apparire l’Italia dai finestrini dei pullman che li portano al Pala de André per l’identificazione e le procedure sanitarie? Prima chi ha qualche problema di salute, l’unica donna incinta e poi i minori non accompagnati. A bordo brillano le luci natalizie che hanno accompagnato il lungo viaggio fino a Ravenna. Oltre cinque giorni di navigazione per arrivare qui dopo tre diverse operazioni di salvataggio il 29 dicembre scorso. Per questo i migranti hanno tre diversi colori identificativi nel braccialetto che portano al polso: giallo, blu e rosa.
Ma i segni più profondi di naufragi e traversate, i migranti ce li hanno nella pelle e nel cuore. Arrivano soprattutto dal Bangladesh (166), dalla Siria (112), dal Pakistan (32), e poi dall’Egitto, Nord Sudan, Palestina e da Sri Lanka, Yemen, Sud Sudan, Senegal, Nigeria, India, Eritrea. Ci sono 34 minori non accompagnati mentre l’età dei migranti a bordo esclusi i minori oscilla tra 18 e 34 anni e 35 e 59 anni.
“Erano molto bagnati, diversi sporchi di benzina per il motore delle navi – ha raccontato ai giornalisti, questa mattina, Margot Bernard di Medici senza Frontiere, la ong che gestisce la nave -, molti erano malati e avevano bisogno di cure mediche. Sia per le condizioni del viaggio che per i segni del torture e delle violenze che hanno subito in Libia. C’erano molti teenager, che hanno viaggiato con i genitori o con altri adulti. Vogliono raggiungere l’Europa per sentirsi al sicuro o per raggiungere altri membri della famiglia”.
“Ognuno ha la sua storia. Qualcuno scappa dalla guerra, altri dalla persecuzione oppure dalla mancanza di opportunità – prosegue -. Tutti partono per una vita migliore e per poter offrire un futuro sicuro ai loro figli. Il migrante con cui ho parlato ieri sera mi ha mostrato la foto dei suoi quattro figli e mi ha detto che voleva che fossero al sicuro: questo era il modo migliore per offrirgli questa possibilità”.
Drammatiche le fasi del salvataggio, in particolare, di una delle imbarcazioni a largo della Libia: “Una di esse – prosegue Bernard -era su due piani con tutti i rischi di bruciature da combustibile e soffocamento che ci sono in questi casi”.
Per assisterli è in funzione la macchina organizzativa, con oltre 200 persone impiegate tra personale della Prefettura, del Comune di Ravenna, forze dell’ordine, Croce Rossa e volontari della Protezione Civile. In banchina, questa mattina, a coordinare le operazioni, il prefetto di Ravenna, Castrese de Rosa, assieme al sindaco Michele de Pascale.
Operazioni che, spiega il prefetto, proseguiranno per tutta la notte e fino a domani: “Questa è stata la parte più difficile da organizzare dovuta all’alto numero di migranti in arrivo – spiega – , con il pernottamento e i turni al Pala De André Questa volta non potevamo usufruire del tendone al terminal ma abbiamo potuto avere il Pala de André. Non è detto che potrà sempre essere così”.
Il sindaco De Pascale: “Il faro dell’umanità, da contrapporre alla disumanità”
“C’è una scelta di fondo del Governo di allungare il viaggio di queste navi per tenerle lontane dal luogo in cui possono salvare vite – spiega il sindaco di Ravenna, Michele de Pascale -. Ormai è palese ed evidente a tutti. Così come le promesse sul blocco degli sbarchi, sul fatto che non sarebbe arrivato più nessuno sono carta straccia. Detto questo, Ravenna si è approcciata a questo tema con due fari: quello dell’umanità, da contrapporre alla disumanità. Tutto quel che è stata fatto è stato fatto sapendo che a bordo di queste navi ci sono persone che vengono da esperienze di vita tragiche che vanno accolte con professionalità e serietà ma anche appunto con umanità. E qui, oltre ai professionisti, c’è tutto il mondo del volontariato, c’è tanta solidarietà: abbiamo ricevuto lettere e mail di persone che volevano dare una mano. L’altro tema è quello dell’organizzazione. Per gestire un fenomeno come le migrazione serve capacità di organizzazione, gestione, professionalità, una strategie. E in questi anni Ravenna ha dimostrato questo”.
E’ chiaro che gestire in una volta sola più di 300 persone “è molto difficile – prosegue il sindaco -. Di volta in volta si cercano le soluzioni migliori. Ma noi non siamo stati convocati una volta dal Governo, nonostante le nostre richieste, per capire qual è il nostro ruolo. Arriva, due giorni prima, la notizia che arriva una nave, una volta sono 29, una volta sono 300. Così è difficile trovare soluzioni di base. Ogni volta va cercata una soluzione sartoriale”.
Nella giornata anche i volontari dell‘Agesci e del Masci di Ravenna si sono mobilitati e hanno accolto con un tè caldo i rifugiati della nave.
Daniela Verlicchi
foto G. Corelli