Un ambaradan è una situazione di caos in cui non si capisce niente ma al tempo stesso è chiarissimo che sta accadendo qualcosa. Così il libro di Paolo Placci, 35 anni, faentino, Ambaradan, presentato all’associazione Calliope al centro Mita la scorsa settimana, scritto da Va a Zeez & Co. (Edit Faenza) raccoglie tanti racconti diversi tra loro che hanno per comune denominatore la creatività e forse un pizzico di follia.
Storie inventate ambientate in Romagna
Educatore professionale, Paolo ha pensato di pubblicare le storie nate da un laboratorio di scrittura creativa in una struttura residenziale con persone con disabilità. “Venivano fuori storie ovviamente inventate che magari potevano partire da un vissuto ma che poi venivano trasferite sul piano dell’immaginazione. Nei mesi di quest’anno abbiamo continuato a scrivere. Avevamo tra le mani quattro racconti e abbiamo contattato Rosarita Berardi per la parte di revisione dei racconti e poi abbiamo pubblicato.” I racconti, pur essendo inventati, sono ambientati in Romagna e “mettono in evidenza la testardaggine romagnola che ci ha fatto credere in questo progetto”. L’autore del libro è in realtà un collettivo, Va a Zeez &Co, cinque persone con disabilità e il loro educatore. “Durante il laboratorio gli ospiti avevano voglia di essere partecipi e ho visto anche piccoli miglioramenti nell’umore. Questo progetto ha avuto un risvolto positivo in tutti. Anche in chi ha problemi di memoria a breve termine. Durante gli incontri andavamo a riprendere cose dette la volta scorsa e se li ricordavano. “Il titolo nasce dal fatto che volevamo creare un titolo breve e che colpisse. Per quello abbiamo scelto la parola ambaradan. Che tra l’altro significa qualcosa di confuso: nelle varie storie succedono tantissime cose, è legato anche al percorso che abbiamo fatto”, conclude Placci. Un percorso che ha portato pagine nuove, nuovi racconti, in un tempo in cui la spontaneità è sempre più nascosta. Forse ci vuole proprio un ambaradan per farla venir fuori.