Come pellegrini e forestieri in questo mondo», dice la regola francescana, al suo ottocentenario nel 2023. Così i frati Cappuccini obbediscono all’itineranza che li vuole pronti ad andare dove sono chiamati. Domenica scorsa al convento della parrocchia del Santissimo Crocifisso di Faenza è stato consegnato il premio di Cappuccino lontano a padre Francesco Pavani. Originario di San Leo, padre Francesco è stato dieci anni parroco e superiore qui al Convento di Faenza e attualmente è superiore al convento di Castel San Pietro. Gli abbiamo chiesto di raccontarci un po’ la sua storia.

Intervista a Padre Francesco

Padre, quale ricordo ha degli anni passati in parrocchia a Faenza?
Dal settembre 2002 al settembre 2012 per dieci anni sono stato parroco e superiore del Convento dei Cappuccini. L’essere pastore di una comunità è stata l’esperienza più significativa della mia vita. Ho 77 anni e riguardando indietro trovo il percorso in parrocchia il più ricco. È stato un contatto con la gente intenso, amichevole, un’esperienza che mi ha arricchito umanamente e spiritualmente. Questi dieci anni sono stati un vaglio della vita dal suo nascere al suo morire: ho accompagnato giovani sposi, anziani, bambini, famiglie. Con sorrisi e lacrime, poiché ho avuto anche la grazia di poter essere vicino alle persone in situazioni difficili o di disagio. Quando torno qui a Faenza per qualche occasione, è sempre un bagno di gioia.

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Tornando un po’ indietro, quando è nata la sua vocazione per la vita consacrata?

In modo tanto ordinario da sembrare un piccolo miracolo. Io sono nato a San Leo in una famiglia numerosa e i miei desideravano che io e mio fratello studiassimo. Mia madre aveva un cugino che era frate cappuccino e quando avevo 13 anni mi mandò da lui, al Seminario dei frati di Imola, per farmi studiare. Ricordo che appena arrivati ci fecero visitare il corridoio enorme del Seminario e c’era una fila di armadi e il frate che ci guidava ne aprì uno e io vidi tanti sai. Guardai allarmato mio padre come a dire: “non me le metteranno mica addosso queste vesti?” E invece sono diventato frate. Un giorno, servendo la prima messa solenne di un frate mi sbocciò improvvisamente nel cuore un desiderio: “quando sarò anch’io come lui?” Questo desiderio non mi lasciò mai. Così andai a Cesena a 18 anni e misi l’abito francescano. Nel 1965 presi i voti e, dopo gli studi in filosofia e teologia, nel 1973 diventai sacerdote e proprio quest’anno, nel mio paese, a Maiolo, ho celebrato il 50simo anniversario della mia prima messa, il 9 settembre del ’73. Poi ho continuato a studiare al collegio internazionale a Roma, una bella esperienza di fraternità mondiale,e alla gregoriana. Poi la missione: al fianco dei giovani e della loro formazione. Sono stato per un po’ direttore del seminario di Imola dove ero entrato a 13 anni e nel mio servizio sono sempre stato a contatto con i giovani, sia indirizzati alla vocazione – penso ai gruppi di ragazzi del noviziato e del postulato – sia in gruppi provenienti da varie realtà, spesso anche in iniziative legate allo Sport, come il Cammino di Santiago, che sono sempre occasioni di crescita per i ragazzi. Poi sono stato parroco con diverse cariche di fraternità cappuccina come superiore dei vari conventi e questo mi ha permesso di conoscere anche le missioni in Etiopia in Africa Centrale e Turchia.

E ora?
Ora sono a Castel San Pietro Terme come superiore del convento. Siamo cinque frati, io sono arrivato da Cesena. Ogni 3 o 6 anni il Capitolo provinciale dispone delle nuove impostazioni di presenze in base alla famiglia emiliano romagnola dei cappuccini. Si tratta di una mobilità che fa parte dell’itineranza, del pellegrinaggio voluto dalla regola francescana. Nella comunità in cui mi trovo adesso c’è un bel senso di famiglia cittadina e parrocchiale e questo è un grande incoraggiamento. Vediamo che il convento partecipa attivamente alla vita della comunità e viceversa.

Letizia Di Deco