Vigliacca della sua miserial’è pröpi vera che il tempo va che vola! Sabato prossimo 11 novembre, l’è e’ dè ‘d Sa’ Marte˜ e, come sempre, dà fuori e’ Lunêri növ, quello del 2024, la 180^ edizione da quel lontanissimo 1844. Quei giorni lì attorno a Sa’ Marte˜ a me, cosa volete che vi dica, mi fanno sempre venire dei pensieri. Ohi, badate bene, caziani che non siete altro e che dla malèzia a n’avì da vèndar, che non mi preoccupano mica eventuali, probabili e invisibili protuberanze, requisito indispensabile per essere inseriti a pieno titolo fra gli innumerevoli concorrenti di gare podistiche, esclusivamente maschili, del giorno di San Martino. Una volta, a dire il vero, si diceva che altrettante gare podistiche molto partecipate, ma al femminile, si sarebbero svolte e’ dè dòp Sa’ Marte˜, cvand che a córar e’ tucheva al dón). Macchè mai, al córan simbe˜!

Nei miei anni verdi, ormai lontani, ho sempre pensato che uno avesse da fare in möd e manira che non gli spuntassero, adesso poi che sono stagionato par be˜ stê al j è ròb da ridar! A toj a dì che al cöran, vere o presunte, sono robe da prendere con filosofia, come ci hanno insegnato i nostri vecchi con quella specie di preghiera sui generis che mettevano in bocca all’uomo che stava per sposarsi: «E’ mi Signor, a m’marìd, fasì ch’a n’ sèja bèc! Se pu a so bèc, fasì ch’a ne sepa! Se a l’so fasì ch’a sèja cunte˜t!». Quest’ultima invocazione l’aveva messa in pratica Strufiòt che una sessantina di anni indietro stava di casa a la Mân Vëcia in due cameracce piene di umidità (la Mano Vecchia, geograficamente parlando, è quella borgatina, a quattro chilometri circa da Faenza, sulla sinistra lungo la via Emilia verso Forlì, subito prima della strada per Basiago).

Si diceva che lui di corna ne avesse più d’un zèzt d’lumêgh, ma a chi glielo faceva notare Strufiòt rispondeva pacifico e tranquillo: «E alôra? A n’al pesa miga e pu dla ròba l’è sèmpar mej aven!». Quando poi una sera di San Martino (come usava allora) si trovò la tamplê davanti all’uscio, aprì la porta e, riconoscendo alcuni di quelli che si diceva frequentassero abitualmente casa sua, li spiazzò dicendo: «Ohi a sì ne˜ca a cve e pu a sì dimondi, mo avnì pu avãti! Csa s’fala a nô la chêica!». Ciô mo non mi dite niente? Perchè? Mo mi sono perso a scórar d’ cöran e, prima che finisca lo spazio a disposizione, sarà poi ora che vi dica quel che mi passa per la testa quando esce il Lunario nuovo lì per San Martino. Sono soprattutto ricordi, emozioni che puntualmente rivivo!

Infatti da bambino, in quei giorni, vedevo tornare dal mercato lo zio Gianì, l’azdôr, cun e’ Lunêri int la spörtla. Nonna lo prendeva in consegna per attaccarlo poi alla porta che dava nella stalla e ogni volta la sentivo commentare: «L’è za dê fura e’ Lunêri e ne˜ca st’ân l’è za andê». Per lei l’arrivo de Lunêri significava essere ormai vicini alla fine dell’anno in corso. Par Sa’ Marte˜ infatti si concludeva l’annata agraria; u s’ andeva a fê i cônt cun e’ padrõ, i capponi venivano messi all’ingrasso perchè fossero pronti per il Natale e così pure al maiale si raddoppiava la razione per averlo bello grasso per l’ormai prossima pcarèja.
Qualche vicino e’ sbagajeva e nei poderi lasciati liberi arrivavano nuove famiglie subito invitate a i treb che iniziavano proprio in quei giorni.
Negli altri miei di casa l’arrivo de Lunêri faceva scattare varie curiosità: l’attenzione dei grandi era rivolta soprattutto alle previsioni del tempo e ai periodi ‘d lôna bôna o cativa che avrebbero poi influito su future nascite, semine o lavori legati allora, oltre che alla meteorologia, alle fasi lunari.

A me bambino interessavano invece la zirudëla e quelle strane vignette in bianco e nero che mi mettevano in moto la fantasia.
Da allora ne è passata dell’acqua sotto i ponti, ne˜ca tròpa, dòp a tót cvèl ch’l’è zuzèst de mes d’maz, ma quando ho il Lunario nuovo fra le mani a mè u m’pê ‘d turnê babì. Qualcuno di voi , sono sicuro, sta già malignando che il mio è un segno di indarlidura dovuto alla mia stagionatura. Mo che si vada bene a far dar nel sacco lui e trentasei dei suoi parenti prossimi o lontani! È segno invece che e Lunêri ha saputo stare al passo con i tempi e, coniugando la sua esperienza ultracentenaria con la realtà di oggi, ha conservato intatta la sua popolarità.

E’ Lunêri, con i suoi 180 anni, è passato indenne attraverso tre secoli, due guerre mondiali, rivolgimenti o stravolgimenti di ogni genere, ordine e grado, compresa la globalizzazione, ma ha mantenuto la grinta e la freschezza di un giovanotto. E se qualcun o non ci crede se lo vada mo a comprare nelle edicole o presso la Tipografia Faentina in via Castellani 25 e pu u m’darà rasõ!

Mario Gurioli