Si torna a parlare della Cava di Monte Tondo. La questione sull’attività estrattiva torna a preoccupare la Federazione Speleologica che critica la redazione del Piano territoriale necessario per regolare l’attività estrattiva e redatto dall’Ente che gestisce il Parco della Vena del Gesso. Sui due piatti della bilancia rimangono sempre la questione sociale che riguarda i lavoratori della Saint Gobain, e la questione ambientale che invece chiede di non ampliare la cava di gesso, come stabilito dallo scenario B prospettato dalla Regione dopo lo studio effettuato nel 2021.
Ercolani: “il piano territoriale è confuso e contraddittorio”
Il Piano territoriale, approvato lo scorso 7 novembre, è attualmente pubblicato nell’Albo pretorio della Provincia di Ravenna e l’iter dovrebbe portare all’entrata in vigore dall’ottobre del 2024 ed essere valido per dieci anni. Deve ancora esserci il parere della Regione e proprio su questo punto interviene la Federazione. “Chiediamo che il piano venga modificato in alcuni dei suoi punti – dice Massimo Ercolani della Federazione Speleologica dell’Emilia Romagna – poichè al momento risulta confuso e pieno di contraddizioni. Le amministrazioni non hanno fatto nulla in vent’anni per tutelare il territorio”. La Federazione si rifà a uno studio che la Regione aveva svolto nel 2021 per risolvere l’annoso problema ipotizzando l’adozione di uno scenario b che prevede di non ampliare ulteriormente stabilendo il ripristino ambientale della zona interessata.
Tre richieste di modifica per il rispetto dei vincoli imposti dalla legge
La Federazione interviene allora su tre punti. “Per prima cosa chiediamo che lo scenario B venga rispettato in tutte le sue raccomandazioni – spiega Ercolani – poi chiediamo di inserire all’interno del Parco, in zona B, i due sistemi carsici Crivellari e Re Tiberio, affinchè possano essere tutelati. Infine chiediamo che sia rispettato il divieto indicato dalla legge di alterare la morfologia dei fenomeni carsici, tanto più a seguito del riconoscimento Unesco ricevuto quest’anno”. La Federazione ribadisce inoltre che il fine del Parco è la conservazione di grotte e ambienti geomorfologici e il recupero delle aree degradate, evidenziando quindi una contraddizione in quanto espresso dal Piano Territoriale che è andato oltre il limite imposto dal piano stesso nonostante dichiari che l’attività estrattiva non sia sostenibile.
l.d.