Enormi e vuoti. Imponenti e fragili. Sbarre bianco e rosse segnalano come ferite gli innumerevoli edifici e palazzi del centro storico di Tredozio. L’ingresso è interdetto a 116 immobili dopo il terremoto di settembre e le verifiche per determinare l’entità dei danni procedono ancora. Molte abitazioni e attività non sanno se e quando riapriranno, mentre ancora adesso sono 158 gli sfollati che hanno trovato riparo tra parenti, amici o nei bungalow e nell’ostello del centro turistico Le Volte. Stanze comuni, a volte con bagno esterno, e in alcuni casi senza riscaldamento. Otto attività su dieci in centro storico hanno dovuto chiudere. Alcune persone si sono opposte alle ordinanze di lasciare l’abitazione: temono di non tornarci più.

La situazione delle chiese

Delle nove chiese presenti nel Comune, nemmeno una è agibile. La messa viene celebrata sotto il tendone allestito in parrocchia da don Massimo Monti, addobbato con cura da fiori e statue di santi. All’ingresso della chiesa della compagnia di Tredozio il parroco ha invece fatto mettere l’immagine della Madonna delle Grazie. A preoccupare, in particolare, è il futuro delle chiese rurali, il cui recupero sarà molto complesso. Nessuna è stata risparmiata, a partire da San Valentino, pieve dalla storia millenaria e restaurata nell’800. Si passa poi per Santa Maria in Castello, Ottignana, San Giorgio, Sant’Andrea, sono tutte inagibili.

A scuola in tenda

Il plesso scolastico? Probabilmente è da abbattere. Al palazzetto dello sport hanno trovato ospitalità circa 90 bambini e ragazzi di materne, elementari e medie. In palestra, otto tende della Protezione civile una a fianco all’altra accolgono ogni mattina le varie classi, mentre i dipendenti comunali sono qualche metro più in là, in un altro edificio del centro turistico dove il cellulare prende a malapena e si sta cercando di attivare una linea telefonica sicura: anche il Municipio è inagibile. La situazione nella casa di riposo è drammatica: dei 40 posti letti a disposizione, venti sono stati evacuati e portati a Faenza. Una situazione non sostenibile economicamente sul lungo periodo.

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Stimati 26 milioni di euro di danni

Basta camminare qualche ora per le strade di Tredozio per rendersi conto di quanto gli effetti del terremoto abbiano colpito ogni aspetto di questa comunità: bambini e anziani, chiese, abitazioni, storia, enti pubblici. Niente è stato risparmiato da quel mattino che ha sconvolto i residenti con le prime scosse sismiche. Purtroppo era solo l’inizio. All’esterno i palazzi non presentano apparentemente gravi danni, ma entrando, come una malattia contagiosa, appaiono una dopo l’altra crepe, intonaci caduti. La stima dei danni è di 26 milioni di euro. Uno scenario che mina il futuro di un borgo che stava, con tutte le sue forze, cercando di vincere lo spopolamento montano dei nostri Appennini.

La sindaca: «Serve l’aiuto statale»

«Siamo una comunità forte e ce la faremo a rialzarci, ma questo non dipende solo da noi: ci servono stanziamenti statali per ripartire». A ribadirlo è la sindaca Simona Vietina, che ci riceve dalla sua base operativa temporanea: il salotto di casa propria. Con il Municipio inagibile e la sede provvisoria con linee telefoniche traballanti, è da qui che gestisce il coordinamento dell’emergenza: sul tavolo i progetti da mettere in campo, vari appunti, un dépliant che illustra varie opzioni di case prefabbricate. «In questo momento, tra le priorità, c’è trovare una sistemazione dignitosa per le persone che si trovano fuori casa» spiega la sindaca. Al momento sono 30 le persone ospitate nell’ostello delle Volte. Sono state contattate ditte per la realizzazione di una ventina di casette antisismiche per un costo complessivo stimato in circa 2,5 milioni di euro. L’area ipotizzata è l’area sosta camper, nella parte alta del complesso delle Volte e saranno costruite dagli Alpini. «Stiamo cercando di fare pressioni per velocizzare le tempistiche – dice la sindaca -, ma ci vorranno circa sei mesi». Per quanto riguarda le scuole, si punta a prendere in affitto dei moduli abitativi che possano essere una soluzione dignitosa per gli alunni. L’idea è di installarli sempre nell’area del palazzetto dello sport, dove sarebbe così già presente una palestra, ma «il problema più grande, a livello di tempistiche, è il progetto di urbanizzazione – commenta la sindaca – per il quale ci vuole l’ok di Hera, Enel e Italgas. Una volta ricevuto il via libera, le strutture saranno montate in due mesi». In un incontro pubblico i genitori hanno chiesto un’altra sede provvisoria per la scuola, nella ex scuola materna chiusa una ventina di anni fa, ma la sindaca appare sicura della sua decisione. Osservata speciale è anche la situazione dei luoghi di culto. «Riaprire una chiesa rappresenterebbe un segnale importante per la comunità – dice -. Abbiamo messo a budget 400mila euro per riuscire a ripristinarne almeno una».

sindaca tredozio

In attesa dello stato di emergenza nazionale

In questo contesto, sono presenti ancora delle frane, la priorità è che, anche con l’arrivo delle piogge autunnali, la strada provinciale rimanga aperta. «Abbiamo avuto rassicurazione anche per i lavori a Lutirano e il collegamento con la Toscana» precisa Vietina. Al momento il Comune ha ricevuto solo le agevolazioni per lo stato di calamità naturale, non per quelle dello stato di emergenza. Si sta stilando la lista degli interventi per avere finanziamenti dal Governo, ma un problema, al di là di quello economico, sarà anche la ricerca di tecnici, progettisti e ditta che realizzino le opere in tempo. «Si sta finendo di istruire la pratica con le richieste dello stato d’emergenza che dovrebbe essere calendarizzato a breve dal Consiglio dei ministri». Si guarda comunque con ottimismo al futuro. «La bellezza del nostro territorio è attrattiva. Negli ultimi due anni abbiamo avuto poche nascite, ma il trend demografico è andato in pareggio grazie a nuovi arrivi, segno che una ripresa c’era. Fabbriche come la Facit, purtroppo colpita dal terremoto, stavano assumendo. Ripopolare l’Appennino è importante anche per le comunità a valle: solo così, curando la montagna, è possibile prevenire disastri come quelli dell’alluvione. Per lo Stato quello che ci è successo rappresenta un’opportunità: si sostiene oppure no il ripopolamento montano? Questa è l’occasione per dimostrarlo»

Samuele Marchi