Sono trascorsi 45 anni da quel giorno che, ora lo sappiamo, rappresentò uno snodo fondamentale nella storia italiana. Aldo Moro è tuttora uno degli uomini politici più amati dagli italiani. Padre costituente, presidente del Consiglio, più volte ministro e storico leader della Democrazia Cristiana. Inevitabilmente, quando si parla di Aldo Moro, si rischia di svolgere il racconto della sua vita su quei drammatici 55 giorni del 1978, quelli che Moro trascorse da prigioniero delle Brigate Rosse e che portarono alla sua morte.
La capacità di guardare all’oggi immaginando il domani
La sua vita ci racconta la sua intelligenza e la capacitò di guardare all’oggi, immaginando il domani. Aldo Moro si laureò in Giurisprudenza a Bari e giovanissimo, divenne professore universitario. Entrò nella FUCI (Federazione universitaria cattolica italiana), ne fu presidente nazionale, diventando amico di Giovanni Battista Montini (il futuro Paolo VI). Verso la fine della guerra frequentò De Gasperi, Gronchi, Scelba, Piccioni, Fanfani, Dossetti, Andreotti. Nacquero in quel momento le basi della Democrazia Cristiana. Nel ’46 Moro venne eletto all’Assemblea costituente e fece parte della Commissione dei 75, che redasse materialmente la nuova Costituzione. Tra la fine degli anni ‘50 e gli inizi degli anni ’60 fu uno dei primi a comprendere la domanda di cambiamento che proveniva da una società italiana in fase di profonda trasformazione. Per interpretare al meglio questa esigenza Moro indicò, insieme a Fanfani, che la strada da percorrere fosse un accordo con i socialisti di Nenni, con l’obiettivo aggiunto di isolare il PCI. Prese così forma la cosiddetta apertura a sinistra, che costò a Moro non poche incomprensioni con Vaticano e Stati Uniti. In quegli anni ottenne il trasferimento alla facoltà di Scienze politiche alla Sapienza, per poter conciliare al meglio i suoi impegni politici e accademici. Non lascerà mai la sua cattedra e si dedicherà all’insegnamento fino all’ultimo. Era molto apprezzato dai suoi studenti, anche da chi aveva idee politiche contrapposte, i quali ne riconobbero sempre l’estrema disponibilità al dialogo.
I 55 giorni di rapimento: due fazioni contrapposte nella trattativa
Ritornò a palazzo Chigi nel 1974 per formare il suo quarto governo, questa volta con il repubblicano Ugo La Malfa nel ruolo di vicepresidente. È in questo periodo che iniziò il dialogo con il PCI di Enrico Berlinguer, con il tentativo di avvicinamento tra comunisti e democristiani che passerà alla storia come compromesso storico, portando alla segreteria della D.C. Benigno Zaccagnini, uomo naturalmente incline a seguire questo percorso. Questo complicato processo subì una brusca battuta di arresto il 16 marzo del 1978: Aldo Moro venne
rapito e gli uomini della sua scorta assassinati. Per 55 giorni si susseguirono comunicati dei brigatisti che chiedevano, in cambio del rilascio, la scarcerazione di alcuni compagni. Si formarono due fazioni contrapposte che verranno definite partito della fermezza e della trattativa. La classe politica si trovava di fronte a un tragico dilemma, indecisa fino all’ultimo su quale linea adottare e mai veramente in grado di comprendere che cosa fare: scendere a patti con i terroristi salvando così la vita di Moro, oppure rifiutarsi di farlo e condannare a morte uno dei migliori uomini politici del nostro Paese? Aldo Moro durante i giorni della sua prigionia scrisse molto e non fece sconti a nessuno. Sentiva di essere stato abbandonato ed espresse parole forti nei confronti dei suoi amici più stretti, che erano anche gli uomini ai vertici dello Stato dai quali dipendevano le sue possibilità di salvezza. Il 9 maggio si spense ogni speranza: esistono date che rappresentano uno spartiacque; sicuramente nel nostro Paese vi è un prima e un dopo quel 9 maggio di 45 anni fa. Quel giorno l’Italia perse l’uomo che più di tutti tentò di cambiare e di trasformare la società italiana.
“Se fosse possibile dire saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a domani, credo che tutti accetteremmo di farlo. Ma non è possibile. Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà”. (Aldo Moro, 28 febbraio 1978, Discorso ai gruppi parlamentari della D.C. in vista della fiducia al governo).
di Tiziano Conti