Con una nota stampa il Circolo Legambiente Lamone di Faenza è intervenuto sull’alluvione che ha devastato Faenza lo scorso 16 maggio.
“Abbiamo ritenuto, finora, – commentano da Legambiente Faenza – di non fare dichiarazioni pubbliche dopo le due alluvioni di inizio e metà maggio, ma piuttosto di contribuire, per la nostra parte assieme a militanti di Legambiente di altre città e migliaia di altri volontari singoli e di associazioni, ad affrontare la prima fase dell’emergenza, per la verità non ancora conclusa.
Le iniziative successive dovranno occuparsi di chi faticosamente potrà rientrare nelle case danneggiate e di chi invece non potrà farlo, delle attività economiche e produttive, della viabilità… Il Governo ha preso l’impegno di garantire i famosi ristori al 100%, ricordiamocela questa promessa! Non che sia impossibile da mantenere, ma per farlo dovrebbe spostare risorse oggi destinate alle spese militari e pensate per ridurre le tasse a chi già ne paga poche.
I primi provvedimenti – proseguono da Legambiente – come il “Contributo di autonoma sistemazione” (Cas) e il “Contributo di immediato di sostegno alle famiglie” (CIS), sono utili ma evidentemente insufficienti.
Per quanto riguarda la sospensione dei pagamenti amministrativi fino al 31 agosto, pensiamo che i cittadini che non hanno avuto danni potrebbero pagare anche subito, contribuendo a far entrare risorse necessarie alle casse degli enti locali, mentre i cittadini colpiti dai danni dovrebbero essere esentati dai pagamenti di IMU, TARI e delle bollette; in particolare, per quando riguarda l’acqua, è necessario che anche Hera faccia la sua parte, rinunciando a far pagare questi consumi.
Oggi, contemporaneamente a tutto questo, è necessario tentare di compiere qualche approfondimento per contrastare narrazioni sbagliate, che circolano ampiamente, e immaginare cosa è necessario fare per il futuro.
Tante le cause che hanno portato a questa tragedia
Non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che non c’è un’unica causa per questa tragedia, ma ce ne sono molteplici, e andrebbero affrontate tutte, pur con le complessità che richiedono.
Noi pensiamo che indubbiamente siamo di fronte ad “eventi estremi”, che i cambiamenti climatici in atto potranno indurre con maggiore frequenza (magari assieme a periodi di siccità); questo, per di più, in un territorio naturalmente fragile.
Viviamo infatti in un territorio a rischio per l’assetto idrogeologico delle nostre colline (aggravato anche dall’abbandono di alcune zone), per la vulnerabilità della pianura, ampiamente antropizzata, con una rete idraulica in gran parte artificializzata e un elevato consumo e impermeabilizzazione dei suoli.
Sono scelte che vengono da lontano, che hanno caratterizzato il modello di sviluppo fondato sulla “crescita infinita” (sul consumo delle risorse naturali ed energetiche fossili) di questa regione, come di altre, ma continuano a perpetuarsi nelle politiche economiche e amministrative correnti.

Necessario ripensare a tutta l’organizzazione del territorio. Sentite tante banalità sulle responsabilità degli ambientalisti
Questa logica è la responsabilità politica principale che noi imputiamo agli amministratori ai vari livelli, logica che adesso dovrebbe essere ribaltata non per “ricostruire come prima”(come ha detto il presidente della Regione), ma piuttosto per “ripensare unitariamente tutta l’organizzazione del territorio dall’appennino al mare” (come affermato dai sindaci di Cervia e Faenza) o anche (secondo il sindaco di Lugo) “cominciare a de-costruire e rendere di nuovo permeabile parte del territorio”.
Posizioni non molto diffuse tra gli amministratori, infatti, lo stesso sindaco di Ravenna continua a dire che “ il tema del consumo di suolo c’entra poco” e infatti la sua Amministrazione ha deliberato proprio in questi giorni altri 66.000 mq di nuove urbanizzazioni.
Si sono sentite poi tante banalità e sciocchezze sulla responsabilità degli ambientalisti che impediscono “la pulizia dei fiumi e difendono le nutrie ..”, da ultimo dai rappresentati delle varie formazioni della destra in Consiglio Comunale a Faenza che, oltre a negare le evidenze scientifiche dei cambiamenti climatici, avendo loro studiato su altri libri, avrebbero la ricetta per risolvere i problemi: alzando gli argini e abbassando gli alvei dei fiumi…
Casse di espansione lungo i fiumi del nostro territorio sono una necessità concreta
Quando semmai il problema non è trovare spazi verticali per contenere l’acqua ma piuttosto spazi orizzontali. Da questo punto di vista la questione delle casse di espansione per il percorso del Lamone, del Marzeno, del Senio, come di altri fiumi, è una delle necessità concrete.
L’Autorità dei bacini regionali romagnoli, nel 2010 aveva commissionato uno studio: Valutazione delle possibilità di laminazione delle piene del fiume Lamone a monte del tratto arginato.
Se alcune di queste opere, comunque pensate su parametri oggi non più attuali, fossero state fatte certamente non avrebbero evitato tutti i danni, ma ovviamente li avrebbero attenuati.
Nello studio del 2010 due le aree individuate sul Lamone per realizzare casse di espansione
Lo studio, commissionato dalla regione Emilia Romagna al Prof. Ing. Armando Brath, aveva rilevato un quadro di rischio idraulico piuttosto serio lungo il tratto d’asta del Fiume Lamone compreso tra Pieve del Tho e lo sbocco al mare.
Lo studio poi individuò alcune aree che si prestassero alla realizzazione di casse di espansione artificiali delle piene.
Sul Lamone le aree individuate come sede di casse di espansione furono due, di fatto fra loro contigue, poste nei pressi della località Molino del Rosso mentre altre due casse furono individuate sul Marzeno per laminare l’onda in ingresso alla confluenza con il Lamone.
Lo studio si pose quindi l’obiettivo di fornire una prima valutazione degli effetti di tali casse e delle potenzialità che esse avrebbero offerto ai fini della mitigazione del rischio alluvionale e del miglioramento del livello di sicurezza idraulica del territorio, simulando due eventi, uno a ricorrenza trentennale (portata massima a valle confluenza Lamone Marzeno di circa 650 mc/s) e l’altro a ricorrenza 200-ennale (portata massima a valle confluenza Lamone Marzeno di oltre 900 mc/s).
L’effetto degli interventi proposti sulla riduzione dei massimi livelli idrici di piena si attesterebbe:
nell’evento trentennale si attesta sui 70 – 80 cm (in pratica un abbassamento del livello di piena) in tutto il tratto a valle della confluenza con il Marzeno fino all’abitato di Mezzano;
nell’evento duecentennale si attesta sui 90 – 110 cm nel tratto a valle della confluenza con il Marzeno fino a Reda.
I risultati ottenuti in questo studio sono da considerare solo indicativi delle effettive potenzialità di laminazione offerte dal sistema fluviale nel suo complesso.
A partire da questa base servono riflessioni approfondite per i necessari interventi di mitigazione e adattamento.
Legambiente Lamone Faenza, nei prossimi mesi, non si sottrarrà al compito di organizzare incontri con persone competenti per riportare la discussione, entro un ambito documentato, su quanto l’accaduto ci interpella in merito a ciò che dovremo fare nei prossimi anni per ridare sicurezza ai nostri territori.”