Abbassare l’età media all’interno delle associazioni, fare rete tra le buone pratiche, accompagnare gli studenti verso le scelte migliori per il proprio futuro. Sono queste alcune delle riflessioni emerse dal convegno Giovani e lavoro promosso dalla Pastorale sociale della Diocesi di Faenza-Modigliana il 30 aprile scorso in occasione della festa di San Giuseppe lavoratore. Un’occasione per fare il punto tra diverse realtà istituzionali e associative e per invertire la tendenza che vede i giovani sempre meno retribuiti e con poche prospettive. E tutto questo porta agli stereotipi abusati che li vogliono ‘viziati’ e sempre ‘sdraiati’ sul divano: una lettura di comodo che, anziché affrontare i l problema, lo evita.
“Ci vuole un dialogo intergenerazionale”
Diversi i punti di vista che si sono confrontati, in un dialogo non certo esaustivo, ma che ha fornito molteplici spunti alla luce della Dottrina sociale della Chiesa. Per Pier Domenico Laghi (consigliere provinciale Acli), interrogato da Flavio Venturi (responsabile Pastorale sociale) uno dei problemi maggiori è «l’età media all’interno delle nostre associazioni – dice – che porta alla mancanza di un dialogo intergenerazionale: in questo modo i problemi dei giovani vengono visto solo con gli occhi degli adulti». Per Laghi «mancano poi strategie di lungo periodo e si guarda solo alle contingenze. La politica guarda spesso solo ai voti, e i giovani sono una base elettorale numericamente poco considerata». Infine «bisogna mettere in rete le buone pratiche che esistono sul tema giovani e lavoro, così da non ripartire ogni volta da zero».
Giuseppe Pagani (presidente Aeca) ha fatto partire la sua analisi dai numeri. Il tasso di abbandono scolastico negli ultimi anni è aumentato e il 13,8% degli studenti non concludono il percorso di istruzione superiore. L’Italia è fanalino di coda in Europa anche per i Neet (giovani che non studiano e non lavorano), mentre aumenta del 12% il numero dei giovani che passano da un full time a un part time. «Vogliamo liquidare il tutto con la svogliatezza dei giovani – ha detto –, ma che futuro sta dando loro il lavoro se gli viene offerto un contratto da meno di 9 euro all’ora?». Per Pagani «la scuola è fondamentale per intercettare i bisogni che hanno nel cuore, ma come sottolinea papa Francesco “non ci si salva da soli”, e anche noi di fronte a questi temi dobbiamo essere uniti in una grande comunità educante, non lasciando sola la scuola o le famiglie. Non basta uno strumento solo da mettere in campo». Le Diocesi, in questo senso, possono fare molto offrendo supporto per strategie e sperimentazioni.
Enrico Maria Saviotti (presidente Ucid Ravenna) ha fatto riferimento alla parabola dei talenti come guida per orientarsi nel mondo del lavoro. «Avere consapevolezza delle proprie capacità è fondamentale – spiega -, così come la dimensione della fatica per raggiungere i propri obiettivi. Oltre a questo è importante anche conoscere i mutamenti del mondo che ci circonda e non rimanere mai fermi. Su dieci startup che nascono, nove non riescono a superare il terzo anno di vita. Significa che, pur avendo capacità tecnica, manca una buona comprensione della realtà». Sulle eccessive aspettative che i giovani si creano sul proprio lavoro, Saviotti ribadisce che «il lavoro non è il fine, ma uno strumento che opera all’interno della propria dimensione vocazionale».
Umberto Morelli (Mcl Emilia-Romagna): “Emarginare l’individualismo che oggi regna nel quotidiano”
Di seguito riportiamo parte del messaggio che Umberto Morelli (Mcl regionale) ha fatto pervenire al convegno diocesano. «Nonostante le tante difficoltà, dobbiamo credere e diffondere la speranza tra i nostri associati e all’interno delle comunità locali. Auspichiamo che le istituzioni vicine alla politica favoriscano l’occupazione, in special modo quella giovanile e femminile. Temi questi, ripresi anche nel documento dei vescovi Giovani e lavoro per nutrire la speranza. Ci auguriamo che tutto ciò promuova una nuova primavera economia e sociale per il nostro Paese, fatta di buone relazioni tra persone, che emargini l’individualismo che oggi regna nel quotidiano. Se così sarà, avremo dato alla festività del patrono dei lavoratori il suo giusto significato».
Samuele Marchi