Una delle esigenze riscontrate dal nostro Sinodo diocesano dei giovani conclusosi nel 2019 è l’orientamento. Questo può stupire se si pensa alle tante opportunità di open day e alla facilità di reperire informazioni sui vari indirizzi universitari e sul mondo del lavoro. Dobbiamo, allora, capirci su cosa intendiamo per orientamento, qual è il bisogno reale. Ciò che manca a un giovane che sta per terminare le superiori è un lavoro più su se stessi che lo possa aiutare a muoversi nella vasta offerta – spesso anche un po’ illusoria – delle possibilità.

La Pastorale vocazionale della nostra diocesi ha recentemente dato vita al progetto Bussolà. Si tratta di tre incontri che coincidono con tre ore di lezione “donate” dai professori di religione interessati a questa collaborazione. Il nome del progetto allude in modo esplicito allo strumento per eccellenza dell’orientamento – la bussola – ma c’è anche un altro significato: busso là. Queste due parole vogliono richiamare un movimento, un andare a bussare da qualche parte. In fase di presentazione del progetto, infatti, agli studenti viene specificato che orientarsi permette di mettersi in movimento, attivarsi e andare a cercare qualcosa di buono per la propria vita. In breve, il lavoro che si svolge in aula mira ad accompagnare gli studenti in un lavoro introspettivo.

Per prima cosa, viene loro suggerito di guardarsi indietro cercando ciò che ha lasciato un segno nel proprio percorso di vita. Possono essere fatti, incontri, passioni o altro ancora. I giovani, poi, vengono invitati a dare un nome alle proprie paure, primo passo per superarle. Devono anche cercare di mettere nero su bianco cosa sanno fare ma anche cosa sanno essere. In questo modo implicitamente si consegna anche loro un messaggio: «non sei solo una persona che sa fare o non sa fare delle cose, sei molto di più». Una domanda centrale di questo percorso riguarda il desiderio.

Gli studenti devono cercare di esplicitare il desiderio che li abita più profondamente. A questo proposito, occorre ricordare che chi studia la condizione giovanile ha riscontrato nel nostro tempo una grande difficoltà, soprattutto per gli adolescenti, proprio a desiderare. Essi generalmente hanno paura di avere un desiderio perché temono oltremisura la delusione e il fallimento. Per inciso, credo che, come adulti e come Chiesa, dobbiamo chiederci cosa stiamo facendo per evitare che un giovane cresca in un mondo in cui non si può mettere in conto di deludere le aspettative e tanto meno una sconfitta. Allo stesso tempo, abbiamo il compito di risvegliare in loro il desiderio. Il desiderio è il motore della vita, è quell’orizzonte che attrae quindi aiuta a trovare una direzione e le forze per muoversi.

Un altro passaggio importante di questo progetto di orientamento consiste in una riflessione sul proprio stile decisionale. Agli studenti vengono esposte diverse modalità di prendere le decisioni e a individuare quelle in cui si riconoscono. L’ultima domanda che viene loro posta è molto ampia: «se guardi al mondo, cosa vedi?» Competizione? Bellezza? Opportunità? Difficoltà? Con la domanda sul mondo si completa il quadro: i giovani coinvolti in questo progetto si trovano di fronte – anche fisicamente, mediante un questionario cartaceo – un semplice schema della scelta: c’è il soggetto, caratterizzato da una storia, da qualità personali, da paure e desideri; c’è la decisione e i diversi modi di prenderla; c’è il mondo e le sue condizioni, scenario dove avvengono le scelte. In conclusione, due considerazioni personali dal momento che chi vi scrive è andato nelle aule e ha incontrato gli studenti. Non posso dare valutazioni approfondite, come chi nella scuola lavora quotidianamente, ma posso accertare che generalmente si respira tra i giovani la disponibilità a essere accompagnati e un atteggiamento aperto verso chi pone loro delle domande che li aiutino a non vivere superficialmente la vita.

don Mattia Gallegati

incaricato di Pastorale vocazionale