Ad un anno dallo scoppio della crisi ucraina, l’olio di girasole non è più un prodotto di difficile approvvigionamento. Merito della capacità di reazione dell’industria italiana, che ha saputo affrontare le conseguenze del conflitto, diversificando le provenienze e collaborando con le istituzioni nazionali.
Ad affermarlo è il Gruppo oli da semi di ASSITOL, l’Associazione italiana dell’industria olearia aderente a Federalimentare e Confindustria.
Alla fine dello scorso febbraio, il blocco dei porti ucraini e l’aggravarsi dello scontro aveva fermato l’import di girasole, necessario per rispondere alla domanda dei consumatori e del settore alimentare.
Il girasole è la base essenziale di numerosi filoni produttivi, alimentari e non, dell’economia italiana. Si va dall’olio, apprezzato dall’industria alimentare e in ambito bakery, alle farine per uso zootecnico e alle oleine, fondamentali per l’industria oleochimica ed energetica.
In Italia, il consumo annuo di olio di girasole si aggira sulle 800mila tonnellate. E’ impiegato nella produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili, tutti prodotti destinati alla grande distribuzione alimentare.
Inoltre, il mondo Horeca lo predilige per le fritture. L’industria italiana di spremitura produce soltanto 150mila tonnellate di olio grezzo: ecco perché da tempo il comparto si è rivolto soprattutto all’Ucraina che, insieme alla Russia, prima della guerra rappresentava il 60% della produzione mondiale di olio di girasole e circa il 75% dell’export mondiale di questo prodotto.
“I primi mesi sono stati molto difficili – spiega Carlo Tampieri, presidente del Gruppo oli da semi di ASSITOL e CEO di Tampieri vegetable oil – ai problemi di approvvigionamento si sono uniti anche quelli della logistica, i cui costi sono aumentati a dismisura nell’ultimo anno. Abbiamo cercato di diversificare le provenienze, reperendo i quantitativi mancanti presso altri Paesi dell’Est, come la Bulgaria, che ha rafforzato la produzione, e l’Ungheria”.
Il dato positivo è che l’Ucraina, nonostante tutto, è riuscita a garantire parte della produzione, puntando non più soltanto sul trasporto via mare, ma su quello ferroviario e su gomma.
A conferma della crisi superata, le quotazioni nazionali dell’olio di girasole si sono raffreddate a partire dalla scorsa estate.
“Anche in un periodo complesso – commenta Tampieri – abbiamo assicurato agli italiani l’olio di girasole. La situazione geopolitica dell’ultimo anno ha però riportato d’attualità la necessità di implementare la produzione nazionale del girasole, rafforzando la catena di fornitura e incrementando la quota di autoproduzione al fine di garantire il miglior prodotto al consumatore finale.
Già da alcuni mesi, le associazioni consumeriste e le organizzazioni agricole chiedono che si ritorni all’etichettatura pre-guerra, sospendendo così la deroga alla puntuale indicazione degli oli da semi impiegati nei prodotti dell’industria alimentare.
“Visto che l’emergenza è passata – osserva il presidente del Gruppo olio da semi di ASSITOL – ci sarebbero tutte le condizioni per ripristinare l’etichettatura standard, venendo incontro alle esigenze di trasparenza dei consumatori”.