Con l’arrivo di papa Francesco sul sagrato della basilica vaticana, in carrozzella, e il contemporaneo svolgimento della processione dei concelebranti – cardinali, arcivescovi, vescovi, sacerdoti, patriarchi – dall’interno della basilica alle postazioni ai lati del palco papale, è cominciata alle 9,30 la Messa esequiale per il papa emerito Benedetto XVI, in una piazza San Pietro già gremita in ogni ordine di posti. Al centro del sagrato, su una pedana rivestita di velluto rosso, il feretro di Joseph Ratzinger, con il Vangelo aperto. Monsignor Georg Gänswein, il suo segretario particolare, che ha deposto il vangelo sulla bara e l’ha baciata, è seduto accanto alle Memores Domini che sono state “l’ombra” di Benedetto XVI nel Monastero Mater Ecclesiae. Poco dopo la delegazione italiana, guidata dal presidente Sergio Mattarella che siede accanto al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Papa Francesco presiede il rito, tutto in latino, e ha pronunciato l’omelia, mentre il celebrante è il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio Cardinalizio.
“Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce!”. Si è conclusa con queste parole l’omelia, in una piazza San Pietro gremita di fedeli fino all’inverosimile. L’omelia è tutta dedicata alle ultime parole pronunciate sulla croce, “il suo ultimo sospiro – ha esordito il Papa – capace di confermare ciò che caratterizzò tutta la sua vita: un continuo consegnarsi nelle mani del Padre suo. Mani di perdono e di compassione, di guarigione e di misericordia, mani di unzione e benedizione, che lo spinsero a consegnarsi anche nelle mani dei suoi fratelli”.
“Il Signore, aperto alle storie che incontrava lungo il cammino, si lasciò cesellare dalla volontà di Dio, prendendo sulle spalle tutte le conseguenze e le difficoltà del Vangelo fino a vedere le sue mani piagate per amore”, ha spiegato il Papa: ”’Guarda le mie mani’, disse a Tommaso, e lo dice ad ognuno di noi. Mani piagate che vanno incontro e non cessano di offrirsi, affinché conosciamo l’amore che Dio ha per noi e crediamo in esso”. “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” – ha proseguito Francesco citando le ultime parole di Gesù – è l’invito e il programma di vita che sussurra e vuole modellare come un vasaio il cuore del pastore, fino a che palpitino in esso i medesimi sentimenti di Cristo Gesù. Dedizione grata di servizio al Signore e al suo Popolo che nasce dall’aver accolto un dono totalmente gratuito: ‘Tu mi appartieni… tu appartieni a loro’, balbetta il Signore; ‘tu stai sotto la protezione delle mie mani, sotto la protezione del mio cuore. Rimani nel cavo delle mie mani e dammi le tue’. È la condiscendenza di Dio e la sua vicinanza capace di porsi nelle mani fragili dei suoi discepoli per nutrire il suo popolo e dire con Lui: prendete e mangiate, prendete e bevete, questo è il mio corpo che si offre per voi. Dedizione orante, che si plasma e si affina silenziosamente tra i crocevia e le contraddizioni che il pastore deve affrontare e l’invito fiducioso a pascere il gregge”.
“Come il Maestro, porta sulle spalle la stanchezza dell’intercessione e il logoramento dell’unzione per il suo popolo, specialmente là dove la bontà deve lottare e i fratelli vedono minacciata la loro dignità”, l’esempio scelto dal Papa: “In questo incontro di intercessione il Signore va generando la mitezza capace di capire, accogliere, sperare e scommettere al di là delle incomprensioni che ciò può suscitare. Fecondità invisibile e inafferrabile, che nasce dal sapere in quali mani si è posta la fiducia. Fiducia orante e adoratrice, capace di interpretare le azioni del pastore e adattare il suo cuore e le sue decisioni ai tempi di Dio: ‘Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza’. Dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito, che sempre lo precede nella missione: nella ricerca appassionata di comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo, nella testimonianza feconda di coloro che, come Maria, rimangono in molti modi ai piedi della croce, in quella pace dolorosa ma robusta che non aggredisce né assoggetta; e nella speranza ostinata ma paziente che il Signore compirà la sua promessa, come aveva promesso ai nostri padri e alla sua discendenza per sempre”.
“Anche noi, saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita”. Così il Papa, nella parte finale dell’omelia per i funerali del Papa emerito. Poi la citazione di san Gregorio Magno: “In mezzo alle tempeste della mia vita, mi conforta la fiducia che tu mi terrai a galla sulla tavola delle tue preghiere, e che, se il peso delle mie colpe mi abbatte e mi umilia, tu mi presterai l’aiuto dei tuoi meriti per sollevarmi”. “È la consapevolezza del Pastore che non può portare da solo quello che, in realtà, mai potrebbe sostenere da solo e, perciò, sa abbandonarsi alla preghiera e alla cura del popolo che gli è stato affidato”, il commento di Francesco: “È il Popolo fedele di Dio che, riunito, accompagna e affida la vita di chi è stato suo pastore. Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni. Vogliamo dire insieme: ‘Padre, nelle tue mani consegniamo il suo spirito’”.
Fonte: Sir